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Maria Bianca Cita Sironi, addio a nostra signora degli abissi

Giordano tedoldi
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Ebbene, esiste dunque il superuomo (uomo nel senso di essere umano, senza distinzioni di genere)? A giudicare dalla fibra, dalla tempra, e insomma dal complesso della vita di certi personaggi, sembrerebbe proprio di sì. Lunedì, all’età di 99 anni, è morta a Milano, dove era nata nel 1924, Maria Bianca Cita Sironi, definita “la signora degli abissi”. Le sue note biografiche indicano subito qualità rare, con un doppio primato fin dagli anni accademici: quando nel 1942 alla Statale di Milano fu istituito il Corso di Laurea in Scienze Geologiche, la prima iscrizione in assoluto fu la sua, e sua anche la prima laurea, conseguita nel luglio 1946 con il massimo punteggio di 110/110 e lode, tesi con Ardito Desio (di cui divenne assistente), in seguito capo della spedizione che portò alla conquista della vetta del K2.

Argomento della dissertazione: “Geologia dei dintorni di Gargnano (Lago di Garda)”, in cui già sono presenti i temi che “la Cita” svilupperà nella “storia lunghissima”, come la definì nell’autobiografia, di una formidabile esistenza votata alla geologia, alla micropaleontologia marina, ai fondi oceanici. Per dare un’idea non troppo esoterica delle sue ricerche, possiamo partire dall’enigma che, da un paio di secoli, arrovella paleontologi, biologi e geologi: l’estinzione di massa del Cretaceo-Paleogene, avvenuta circa 66 milioni di anni fa, quella che spazzò via dalla Terra i dinosauri (e non solo loro).

L’ipotesi che a determinare “l’evento K-T” – altro nome dell’estinzione, o meglio della sua misteriosa causa – sia stato l’impatto di un gigantesco meteorite di circa 20 km di diametro, risale al 1979, quando fu formulata dal fisico Luis Álvarez e da suo figlio Walter, ma già a metà degli anni ’50 Cita Sironi si occupava proprio di quell’intervallo cruciale nella storia del nostro pianeta, osservandolo nella biostratigrafia, cioè nella presenza di certi particolari fossili – quelli degli organismi unicellulari chiamati foraminiferi planctonici – nella sovrapposizione dei vari strati geologici. Questi fossili, infatti, rientrano nei cosiddetti “fossili guida”: poiché non si ripresentano mai in epoche diverse con le stesse caratteristiche, ogni fossile porta con sé una sorta di datazione, e dunque la loro presenza (o la loro assenza) e la loro evoluzione negli strati rocciosi, consente di differenziare le epoche di formazione degli strati stessi. Questa tecnica di suddivisione del tempo geologico basata sui fossili si chiama biozonazione. Ad esempio, i foraminiferi planctonici scompaiono tra un certo strato e l’altro della Terra, un’estinzione brusca come quella dei dinosauri, il che consente di distinguere gli strati appartenenti al Cretaceo (prima dell’evento K-T) da quelli appartenenti al Paleogene (successivi all’estinzione di massa). Grazie ai suoi studi sui foraminiferi, nel 1968 viene chiamata dagli americani tra le prime due donne, e prima straniera, a bordo della nave Glomar Challenger, nell’ambito del progetto di esplorazione e trivellazione oceanica profonda “Deep Sea Drilling Project”, contribuendo alla conferma della teoria del sea-floor spreading, l’apertura dei fondi oceanici, cioè quella dilatazione che avviene nei fondi oceanici lungo le dorsali nell'Oceano Atlantico centrale.

Quello acquatico diventa sempre più il suo elemento: con i geologi e oceanografi Bill Ryan e Ken Hsu partecipa alla formulazione della teoria del disseccamento (la quasi completa evaporazione) del Mediterraneo avvenuto circa 5,9 milioni di anni fa, studiando di nuovo i foraminiferi contenuti nei sedimenti deposti non appena le acque tornarono a affluire nel bacino del Mediterraneo, con ricerche fondamentali per la storia dello Stretto di Gibilterra (la cui chiusura avrebbe provocato l’evaporazione) e per la comprensione del cambiamento dei mari.

L’interesse per la geologia marina la porta negli anni Ottanta a organizzare lei stessa e a dirigere sette crociere oceanografiche, alle quali parteciparono molti studenti che sarebbero diventati geologi marini di fama. Con centinaia di pubblicazioni scientifiche e migliaia di citazioni nella letteratura scientifica, il suo insegnamento lungo molti anni sulle cattedre di Geografia Fisica, Stratigrafia, Geologia Applicata, Geologia Marina, i numerosi incarichi in varie commissioni, la quasi secolare vita di Maria Bianca Cita Sironi ha ricompreso a stento la vastità delle sue energie e dei suoi interessi. Eppure c’era come un punto fisso in tutte le sue ricerche, dalla laurea fino alle ultime spedizioni da lei stessa preparate e condotte: il mistero della vita, anche minima, in altre ere, in altri habitat. In un’intervista, è lei stessa a esprimere quello spirito benefico che l’ha sempre spronata e che ha seguito con implacabile devozione, ed è quasi una visione di un altro mondo, e naturalmente è uno spirito marino: «Quando si arriva in fondo al mare, cambia completamente l’ambiente. Ho visto delle cose stupende».

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