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Animali sì, ma griffati: il profumo per cani, lusso per i padroni

Ginevra Leganza
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Dalle pellicce agli amici pelosi. Da quando la gentildonna non compra più visoni, si sa, la moda fiuta le sue frontiere. E poiché con Saint Laurent, Valentino, Versace, anche Max Mara dice addio alle pellicce (la notizia è di queste ore), a quanto pare “fiuta” è il verbo giusto visto che l’avanguardia, nientemeno, è un profumo per cani targato D&G. Sicché, dopo gli occhioni di Bianca Balti e il torace di David Gandy (era il mitico spot di Light Blue, ricorderete), ecco il nuovo volto della casa di moda milanese. Il suo nome è Fefé. Profumino e cagnolino odoroso. Quadrupede impomatato e addirittura eponimo- è la bestiola di Domenico Dolce - della nuova essenza per cani.


Dolce & Gabbana, che l’ha appena lanciata al costo di cento euro (costo medio di profumi di lusso per razza umana), ne scrive come di una fragranza “ispirata all’amore incondizionato di Domenico Dolce per il suo fedele cagnolino”. Con note calde di ylang-ylang, muschio e legno di sandalo, Fefé è “tenero, avvolgente, pensato per una giocosa routine di bellezza”. Ed è dunque un flacone verde con tappo rosso la cui mistura all’interno è suggellata da una zampetta placcata in oro ventiquattro carati e da un collare con monogramma D&G offerto ai clienti insieme al flacone. Nello spot di Fefé si susseguono cagnetti di varia foggia ma di taglia rigorosamente piccola, anzi minuscola. Chihuahua, barboncini, bassotti. Eredi della “vergine cuccia” di Giuseppe Parini, forse di Dudù – siamo comunque a Milano – e perciò classici cani aspirazionali. Quelli che - come i diamanti - sono i migliori amici delle donne, giacché come i diamanti - raccolgono il massimo valore nel più piccolo spazio. Quelli la cui taglia – non sempre ma quasi – a noi pare proporzionata al cervello del possessore.

 

 

 

Là dove “cervello” è solo una sineddoche! Là dove per “cervello” – non ce ne vogliano i possessori – osiamo intendere solo e soltanto la capacità dialettica, la santa attitudine al compromesso, l’intelligenza interpersonale o, come dire, quel quid che sempre lor signore, le signore col cane, chiamerebbero appunto “empatia”: quarta virtù teologale dei nostri tempi e fondamento del rapporto umano. Perché va bene l’amore incondizionato, ma si capisce che la follia di metterci bestie in casa è diventata virale, e dunque normale, il giorno che collettivamente s’è intuito quanto i rapporti tra umani fossero più difficili – ma tu pensa – di quelli coi barboncini (che se non ti tradiscono come i maschi e non ti sbranano come un husky non è perché non vogliono, ma solo perché non riescono). E s’è dunque convenuto che è più facile addomesticare una bestia di un maschio: richiede meno sforzo, meno empatia.

Comunque, tralasciando gli aspetti parodistici del cane che prende il posto del bambino, sorvolando sui tramonti dell’occidente, della politica su Instagram (Elly Schlein che posta la torta per il compleanno del cane Pila) e su quant’altre amenità che lasciamo ai filosofi veri, possiamo però dire che: donne, è arrivato il profumino! Giacché la moda aspirazionale – che non è Hermés ma è quella dei loghi, ovvero dei caratteri cubitali sulle borse femminili non meno che sulle cinture (e sui piselli) maschili – in realtà, a dispetto del costo, aspira a vendere non solo ai ricchi ma a tutti. Esattamente come l’arrotino nel secolo scorso. E così il logo funge, anche nel caso del cane, da richiamo su concetti popolari com’erano popolari gli arrotini un secolo fa, com’erano modaiole, decenni fa, le banali t-shirt, le borsette e le cinture “D&G” (che si sfoggiavano alle sagre paesane), e come sono popolari, oggi, i cani piccini. Quelli cui fare le feste e bardare di collari marchiati.

Tanto popolari che già nel 2007 Harrods aveva introdotto un profumo per cani: Sexy Beast. E appena due anni fa, per sole 20 sterline, il rivenditore britannico Space NK smerciava un suo spray alla portata di tutti fintanto che Kiehl’s, di proprietà di L'Oréal, vendeva il suo Cuddly-Coat Cleansing Spritz. In tal senso, quindi, si capisce che Dolce & Gabbana fa quello che sa fare meglio: più che inventare, mette il logo sul genius temporis e dunque sulle bestia. Che, di suo, è già nell’animo d’ogni donna. E che si traduce, oggi, nella preferenza del cane al visone, nella scelta del collare al collier (vedi dati Confidustria Federorafi). Non ultimo, nell’amore incondizionato per il figlio peloso che supera di gran lunga il maschio tossico ma vieppiù depilato. Insomma, più che moda, stili di vita. Fefé li fiuta.

 

 

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