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Ecologismo, l'ultima folle crociata: tutti i romanzi devono essere verdi

Andrea Tempestini
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Anche il libro deve essere verde. Spaventoso e verde. Dopo auto, case, vestiti, usi e costumi, anche un piacere intimo come la lettura deve rispondere all’ideologia green con annessa sfumatura catastrofista. Questa la rivoluzione auspicata da Michele Turazzi, scrittore e agente letterario, sulle pagine del Domani. Il fatto che l’auspicata rivoluzione letteraria si palesi all’indomani del voto, assai verde e altrettanto ideologico, che ha sancito in bis di Ursula in Europa è pura coincidenza, che però dà la cifra dei tempi.

Il titolo dell’articolo di Turazzi, introdotto dall’occhiello «narrativa ambientale», recita: «Perché oggi ogni romanzo dovrebbe essere climate fiction». Le riflessioni muovono dalla sofferenza di un glicine, «giovane ma robusto, si attorcigliava attorno al suo sostegno di bambù per quasi due metri d’altezza». Una scena di costrizione e sofferenza che spinge l’autore a comprarlo e trapiantarlo in un grosso vaso. Dopo l’iniziale rigetto «sono spuntate nuove inflorescenze, sono cresciuti nuovi rami e, crescendo, hanno cominciato ad attorcigliarsi alla ringhiera». Ma perché ci parla di un glicine? «Perché raccontare l’epopea di quel ramo» è «narrativa ambientale. Uno degli infiniti modi in cui può declinarsi la climate fiction». +

Segue lunga digressione sulla climate fiction, italiana e internazionale, sui libri che «di tanto in tanto» sono «spuntati tra le classifiche dei più venduti e tra quelli ammessi ai premi di cartello». Ma, va da sé, non basta. «Appare evidente la sproporzione rispetto al romanzo “classico”, quello di impronta borghese che è andato sviluppandosi nell’Ottocento e che non ha subìto poi troppi cambiamenti dai tempi di Madame Bovary a oggi». Già, «sono pochi i romanzi in cui l’ambiente abbia un ruolo» e «non riesco a spiegarmelo: la crisi climatica è ovunque (...), così centrale nel nostro mondo». Ragione per la quale dovrebbe essere in ogni opera: «In fin dei conti, qualsiasi romanzo scritto oggi, negli anni Venti del Duemila, dovrebbe essere anche climate fiction», delibera.

Ammesso che la «questione climatica» sia «così centrale nel nostro mondo», seguendo questa logica ogni libro degli «anni Venti del Duemila» dovrebbe porre al centro - due esempi - Taylor Swift e Vladimir Putin. Se il sillogismo regge, la logica di Turazzi crolla. Un libro è fiction, non climate fiction. Un libro è arte, non militanza. Ma soprattutto leggo quello che voglio (io).

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