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Gioconda, "ecco come la riporto in Italia": l'uomo che può piegare i francesi

 La Gioconda di Leonardo da Vinci

Luca Puccini
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Si chiama Zahi Hawass, di professione fa l’archeologo ed è candidato alla guida di una delle nostre istituzioni più importanti nel settore, il Museo egizio di Torino. Ma è anche colui che vuole riportare la Monnalisa a casa, nel nostro Paese. «Al ministro Sangiuliano (Gennaro Sangiuliano, Cultura: ndr) chiederò di unire le forze per riportare in Italia tutti i tesori che stanno all’estero, e quindi anche la Gioconda». 

Che se ne sta lì, da secoli, al Louvre di Parigi, dietro quella teca, la più visitata del pianeta, col suo sorriso enigmatico e il suo valore inestimabile. Dipinta a Firenze ma conclusa ad Amboise, in Francia, grazie alla mano geniale di Leonardo Da Vinci, con alle spalle addirittura un tentativo di furto, era il 1913, che procurò al suo esecutore una lieve pena detentiva e un clamore pressoché europeo. Quello di Hawass, semmai, è un clamore tutto italiano: la sua è, con ogni probabilità, più una boutade che una dichiarazioni d’intenti, sicuramente una promessa che sarà difficile mantenere.

«Il mio obiettivo», ha chiarito Hawass pochi giorni fa, a Orvieto, durante una conferenza stampa (oggi presenzierà a un evento Sille ultime scoperte e i segreti dell’Egitto), «è riportare in patria (per “patria” l’esperto intende ovviamente il suo Egitto, ndr) tre oggetti in modo particolare: la stele di Rosetta conservata al British museum di Londra, la statua della regina Nefertiti che sta a Berlino e lo Zodiaco che al momento si trova anch’esso al Louvre» parigino.

Circa la sua possibile direzione torinese è restato cauto: «Ne parlano i giornali, non c’è niente di ufficiale». Mercoledì prossimo Hawass dovrebbe incontrare Sangiuliano, appunto: «Sarei felice di accettare e lavorerei per fare di Torino uno dei più importanti musei del mondo come ho fatto con il Grande museo egizio e il Museo della civiltà del Cairo». «Il 2024 e il 2025 saranno anni importanti per l’archeologia mondiale, per via di importanti scavi che realizzeremo e delle nuove scoperte che ci aspettano: cercheremo di capire anche come è morto realmente Tutankhamon e se saranno avvalorate le nostre tesi per cui il re non fu ucciso ma fu vittima delle conseguenze di un incidente».

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