Jasmine Paolini, per le femministe annoiate è vietato dire "bellissima"
Se vivessimo in un mondo normale useremmo queste righe per parlare dell’impresa straordinaria di una tennista - Jasmine Paolini- che prima tra le italiane giocherà oggi pomeriggio la finale di Wimbledon. La sua potenza, i suoi servizi, la sua energia travolgente mentre scende la china del gioco poi la risale d’un fiato, inghiottendo le rivali e sorprendendo il mondo per naturalità e talento. Invece tocca parlare di un titolo di giornale, banalizzo, di un aggettivo qualificativo, che la Gazzetta della Sport ha appiccicato addosso alla grande impresa corredandola della foto di lei e di un cuore vestito dei colori italiani.
«Bellissima!» Questo il titolo di prima pagina. Neanche il tempo di arrivare in edicola però che qualche femminista annoiata ha costruito un rigurgito di politicamente corretto attorno all’icona rosa del giornalismo sportivo, dando fuoco alle ceneri e invocando la rivoluzione copernicana dello sport femminile e la disfatta del maschio alfa. Perché bellissima e non bravissima? Questo il succo del contendere. E il dibattito capirete si è snodato attorno agli epiteti in voga al momento. Un teatrino imbarazzante – forse dovremmo dire un palleggio sfinente - tra chi definiva la scelta “vergognosa”, “misogina”, “inadeguata” e chi tirava per i capelli i maschietti retrogradi che popolano il mondo sportivo in primis, e quello dell’informazione poi (...).
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