Alex Marangon, rituale e assassinio: l'ultima pista sulla morte del 26enne
Cranio sfondato e costole fratturate: queste le condizioni in cui è stato trovato Alex Marangon, il 26enne veneziano scomparso venerdì scorso, il 28 giugno, nel corso di un raduno sciamanico a cui stava partecipando nell’abbazia Santa Bona di Vidor, in provincia di Treviso. Poi, dopo tre giorni di ricerche, la tragica scoperta. Il corpo del giovane su un isolotto del Piave. L'ipotesi degli inquirenti è che qualcuno gli abbia fracassato la testa e poi l’abbia gettato nel fiume, mentre lui era ancora vivo. Nessun suicidio, insomma, né una caduta accidentale. Dopo l'autopsia sul corpo del giovane, la Procura di Treviso è giunta alla conclusione che sia stato "picchiato duramente e ucciso". Di qui l'apertura delle indagini per omicidio volontario.
Sarebbe stata esclusa come causa della morte anche l’assunzione dell’ayahuasca, una sostanza stupefacente in genere presa durante i rituali sciamanici nel Sud America. Proprio quella che sarebbe stata consumata dai ragazzi che avevano preso parte al raduno di Vidor con Alex. "Se le lesioni individuate sul corpo di Alex ne hanno causato la morte, è probabile che si sia trattato di omicidio - ha spiegato Stefano Tigani, avvocato della famiglia Marangon -. E allora bisognerà trovare l’assassino".
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Il 26enne avrebbe preso parte al rito insieme a un conoscente. E avrebbe bevuto, secondo le testimonianze degli altri circa venti partecipanti, una prima tisana a base di ayahuasca venerdì 28 giugno, durante il giorno; e un'altra anche la sera stessa, durante un falò di gruppo. Alle 3 di notte tra venerdì e sabato l'ultima volta che Marangon sarebbe stato visto vivo. Qualcuno ha raccontato di averlo visto correre verso la terrazza dell’abbazia con addosso soltanto un paio di pantaloncini. In quel momento, però, il ragazzo non sarebbe stato da solo. Con lui ci sarebbero state altre due persone. Queste, ascoltate dai carabinieri, hanno detto di essere tornate indietro a un certo punto e di averlo lasciato lì.
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