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Pescara, l'orrore dopo l'omicidio: al mare dopo 25 coltellate

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Marco Patricelli
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L’hanno chiamata la città veloce, per Mario Pomilio era la città della fuga in avanti. La dannunziana Pescara che ricorda di osare sempre si è risvegliata dal sogno rosa delle sue magnifiche sorti e progressive con le tinte della cronaca nera e il rosso del sangue di un minorenne ucciso a coltellate da altri due ragazzi. Prima la ferocia di 25 fendenti per un debito di droga di 200 euro, poi una notte brava: bagno in mare e quindi in pista da ballo in uno dei locali della movida, dove stordirsi per archiviare un omicidio come se fosse un cocktail da mandare giù con un aiutino.

È la Pescara che cerca un’identità che non ha o che ha smarrito nei meandri della storia, di un passato cancellato dai bombardamenti del 1943, della pretenziosità dei villini liberty da esibire come status symbol sotto assedio della cementificazione selvaggia del dopoguerra che le fece conquistare il più alto indice edilizio d’Italia, dalla spiaggia alla collina, senza sconti, a scapito dell’armonia architettonica e urbanistica. La fame di garages sarebbe arrivata dopo quella delle case: si vendono adesso rimesse che costano come appartamenti, e i garages del centro ingestibile al traffico, più redditizi, hanno sostituito i negozi di quella che era una città-vetrina in cui le mode non si seguivano ma si creavano.

PALAZZI DI LUSSO
Della vecchia locomotiva d’Abruzzo resta l’ambizione. Nel 2027 la fusione con Montesilvano e Spoltore, la più importante della storia d’Italia per dimensioni, ne farà il principale polo urbano del medio Adriatico. Sarà pure veloce, ma Pescara marcia a più velocità, con ritmi disarmonici tra i quartieri satellite e le periferie che arrancano e il centro dell’aperitivo cenato che si riteneva immune da episodi da prima pagina nell’estate calda: lo scorso anno un regolamento di conti in un bar, in pieno giorno e davanti ad avventori terrorizzati, adesso l’accoltellamento di un ragazzino da parte di due minorenni in un parco tra palazzi di lusso a un centinaio di metri dalla stazione dei Carabinieri. I rivoli della droga, che a volte si vedono e altre volte si preferisce non vedere, sono finiti statisticamente nel 2023 in uno studio dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, con Pescara in pole position in Italia per consumo di cocaina. La città che mezzo secolo fa divenne la prima d’Europa aperta agli zingari (si chiamavano ancora così) con un progetto di urbanizzazione stabile dietro al quale cominciò presto a emergere l’interesse elettorale e degenerò in ghettizzazione da romanzo noir, ha visto stravolgere anche la vecchia ritrosia dei rom a non trattare sostanze stupefacenti. Con lo sbarco della criminalità organizzata dalla quasi confinante Puglia, a una manciata di minuti grazie all’autostrada adriatica, e con il radicamento dei clan albanesi e la bassa manovalanza africana, sono caduti tutti i tabù, anche i più ipocriti.

Il sindaco Carlo Masci ha fatto abbattere tra rulli di tamburi e in favor di telecamera un fortino della mala nel famigerato quartiere Rancitelli, il cosiddetto Ferro di cavallo, e la centrale di spaccio si è spostata gattopardescamente poco più in là, per sgranarsi a raggiera sotto le stelle della movida: lungo la riviera viva d’estate e d’inverno, nella vecchia Pescara dannunziana, nel centro, tra locali, localini, bar, ristoranti e trattorie sorti dappertutto fagocitando ogni altro genere merceologico di quella che aveva fatto la fortuna di una borghesia arrembante.
È stata millantata a sproposito la dinamicità di una città che si ubriaca anche dei grandi eventi, dimenticando che la piazza principale che per la toponomastica è della Rinascita ma che qui tutti la chiamano Salotto, da anni non è più luogo di ritrovo, di incontro e di socialità, ma saltuariamente bazar di iniziative anche bizzarre più in tono con le feste paesane.

ECCESSI DELLA MOVIDA
Luci, colori, suoni trasformano la notte in giorno, mentre altri eccessi serpeggiano come vizi privati tra le pubbliche virtù. Lo scorso anno gli schizzi di un’inchiesta su droga e appalti arrivarono fino a Palazzo di Città. Adesso psicologi, sociologi e tuttologi passeranno al setaccio i risvolti dell’omicidio del minorenne, rivolteranno le zone d’ombra della Pescara-bene scoprendo l’ovvio, poi tutto tornerà come prima, affogato negli eccessi e negli effetti speciali della movida, e del richiamo irresistibile del mare con la Bandiera blu. Quelle stesse acque in cui si sono tuffati i due giovani accusati dell’omicidio (uno è figlio di un comandante dei carabinieri di una stazione della provincia di Pescara, l’altro di un noto avvocato della città), per un impossibile lavacro, e quegli stessi locali dove hanno cercato di anestetizzare la coscienza e la banalità del male con l’alcol e i ritmi martellanti della discomusic. Altro giro, altra pista. È la città veloce, bellezza.

 

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