Atletica, per i salotti di sinistra si può parlare di razza se si celebrano i trionfi degli azzurri di colore
"Ho pensato in termini molto tra virgolette etnico-razziali a un miglioramento clamoroso della specie". Arthur de Gobineau? No, questa volta mettiamo mano a Michele Serra. Giovedì sera a Piazza Pulita l’editorialista de La Repubblica ha colpito ancora. I due minuti d’odio di orwelliana memoria diventano i (quasi) tredici di bontà che Corrado Formigli concede all’autore de L’amaca parlando dei nuovi italiani che hanno fatto incetta di medaglie all’Europeo di atletica. Competizione andata in scena a Roma nei giorni scorsi. Antipasto, primo e secondo scodellati come una soave redarguita ai giovani meloniani di Gioventù Nazionale. Il rapporto con il fascismo? "Dipende da loro, non da noi". Per poi precisare che la sinistra ha fatto i conti con la propria "storia e il sangue versato alle sue spalle trent’anni fa. Questo percorso la destra non l’ha fatto". Un discorso che ricorda da vicino le frasi apparse nel lontano (o forse troppo vicino) agosto 1919 sul Krasnyi Metch - Il gladio rosso - organo della Ceka di Kiev, ovvero la polizia politica sovietica, che recitavano: "La nostra moralità non ha precedenti, la nostra umanità è assoluta perché si fonda su un nuovo ideale: distruggere ogni forma di oppressione e di violenza". Meloniani in erba pensate come volete, non c’è problema, ma basta che pensiate come noi. L’unica scelta possibile spetta a voi.
Ma torniamo alla pista di atletica. La razza, Repubblica ha il potere di sdoganare a piacimento le parole, impone un miglioramento anche estetico. "Cioè Larissa Iapichino è molto più bella di me e anche dite, Corrado". Tolta l’avvenenza della figlia di Fiona May resta come dolce tutto l’autorazzismo del 'Serra pensiero'. Nadia Battocletti doppio oro nei 5.000 e nei 10.000 metri? Nata a Cles un po’ troppo trentina, non sarà mica erede del patriota Cesare Battisti? Leonardo Fabbri, fiorentino, campione d’Europa nel lancio del peso? Troppo erculeo per essere bianco, anzi con la sua dichiarazione di attacco agli avversari statunitensi in vista delle Olimpiadi decisamente anti-atlantista come Marco Tarquinio. Filippo Tortu? Aiuto, ci ricorda Mennea. Gianmarco Tamberi? Non ne parliamo neanche, Gimbo il marchigiano non ha neanche il segno dell’abbronzatura. Ed ecco allora apparire nello studio di Piazza Pulita la foto con Ali, Jacobs e Simonelli. Giovani atleti che hanno fatto incetta di medaglie nelle specialità dei 100 metri, della 4x100 metri e dei 110 ostacoli. Incensati e posti a manifesto per il colore della carnagione, dimenticandosi che nella stragrande maggioranza sono sportivi nati da almeno uno dei due genitori italiani e quindi per linea di sangue figli del tricolore.
Atletica, il razzismo di chi esalta le "medaglie nere": italiani al 100%, non diversi
Per gli autorazzisti l’unico alloro da perseguire è quello dell’eugenetica, altro che nazismo. "Per noi tutto è permesso, poiché siamo i primi al mondo a sguainare la spada non per opprimere e ridurre in schiavitù, ma per liberare l’umanità dalle catene che la avvincono", leggiamo ancora tra le righe della Ceka gli intenti immutati di progresso a tutti i costi. Giudicando il fascismo insito nella società odierna viene minato ogni approccio identitario e di riconoscimento delle radici. La visione deve essere dispotica. Una e una soltanto proprio come scrisse Alain Finkielkrau, nel 1993, "un tempo cieco al totalitarismo, il pensiero ne è ora accecato". Adesso i progressisti voglio abbagliare anche la realtà. Sarà che chi scrive, forse, non è così avvezzo all’uso delle posate, ma non abbiamo visto la stessa foga nell’attribuirsi come «miglioramento clamoroso della specie» le migliaia e migliaia di immigrati che infrangono record su record di crimini in giro per tutta la nazione. Forse non sono così glamour. A loro non è concesso il giro di pista d’onore che viene lasciato ad atleti italiani di seconda o terza generazione. Meglio nasconderli nel buio delle periferie.
"Il rovesciamento della politica vannacciana", per dirla alla Formigli, è la propaganda che viene fatta attorno a Marcell Jacobs e soci. Questi sportivi hanno un pregio ben più alto di far vincere titoli su titoli all’Italia, quello di essere neri o con un genitore di origine afroamericana o africana. Ecco la medaglia da apporre sul petto. Simpatico che Serra e Formigli, quindi, facciano loro la canzone Faccetta nera, invocando il "sarai romana" come verbo dell’oggi e del domani. Del resto i grandi classici della musica non passano mai di moda, proprio come gli autorazzisti da salotto.
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