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Viva l'ecosostenibilità fiera di ricchi e ipocriti: è più green tornare alle regole della nonna

Gianluigi Paragone
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Festival green, giornate mondiali dell’ambiente e chi ne ha più ne metta: l’ecosostenibilità è trendy, è cool eva di moda. Ma, vedete, dopo vent’anni col fazzoletto al collo a farmi prendere per i fondelli come sfigato che andava ai boy scout, se permettete non ci sto a vedere questi nuovi santoni del green che ora pontificano perché hanno trovato l’oro: ogni festival è un buon giro di sponsorizzazioni, di spettacoli dove piazzare i propri artisti, di relazioni che contano specie con il mondo della finanza che ha tanti soldi da puntare sul tavolo verde. Certificare e patentare col bollino “eco” è un bel giro di affari.

Mentre io già infilavo nel mio zaino la borraccia e condividevo i panini (e lo rifarei mille volte), la regola imperante erano i bicchieri di plastica, le posate usa e getta e i piatti compost: così si butta tutto e non si spreca acqua, dicevano. L’ecosostenibilità di oggi è piena di buone azioni, nel senso del profitto che generano. Il mercatismo ha cambiato lemmi e ha impostato la rotta: fino a quindici anni fa si puntava su altro, le nostre case si riempivano di oggetti con il timer di funzionamento (obsolescenza programmata) per consumare sempre di più; ci si indebitava per consumare e accumulare. Agli inizi del Duemila si faceva entrare la Cina nel Wto senza pretendere nulla in cambio se non nuovi spazi di mercato. Era allora che dovevamo guardare avanti.

 

 

 

UNO STILE DI VITA

Il green washing intercetta problemi che esistono - e nessuno lo nega ma che vengono usati come una moda e non uno stile di vita profondo, in armonia con la Natura. Viviamo distruggendo il tempo vivendo in non luoghi (quanta ragione aveva Marc Augé) e ci inventiamo agende ecosostenibili nell’eterna convinzione di essere noi “dio”, sempre al centro, nel bene e nel male. Il mondo cambia, ne sono convinto. Il mondo è in pericolo? Non più di prima e comunque non possiamo essere così superbi da pensare che il mondo si pieghi alla nostra fretta di riparare.

Lo imparai agli scout seguendo le regole di Biden Powell (uno che oggi verrebbe accusato di essere destrorso per le regole dello scoutismo) e pure quelle del mio vecchio parrocco che ci portava in gita. Se non sappiamo lasciare il luogo, il tuo luogo, migliore di come lo hai trovato, puoi organizzare tutti i festival del mondo, ballare e tingerti di verde ma resti il solito menefreghista.

 

 

 

LA SEMPLICITÀ DEI PICCOLI

La più grande sfida è la semplicità, è l’infinitamente piccolo di Francesco che c’era molto tempo prima che i mercati diventassero ecosostenibili. Ho vissuto con le nonne che non buttavano via nulla, figurarsi il cibo. Mi sono sorbito serate a vedere L’albero degli zoccoli come fosse un album di famiglia (e forse il loro lo era). Le generazioni successive hanno pensato di fare a meno dei nonni, hanno ridicolizzato gli orti e le api. Siamo ancora un Paese boschivo ma cresciamo ecoribelli che non distinguono un faggio da un castagno. Viviamo con bambini che hanno paura degli insetti, dei ragnetti, dei pipistrelli e non hanno mai visto il piccolo miracolo di una lucciola. Era allora che dovevamo dimostrare di essere rispettosi della Natura.

 

 

 

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