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Napoli, violenza sugli uomini? I cartelloni che mandano in tilt la sinistra

Claudia Osmetti
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Sono saltati su subito, come una molla, a scatto, senza neanche dare il tempo di spiegare (odi capire). È-una-vergogna, è-un-pericolo, così-si-negano-i-femminicidi. Solo che di vergogna, qui, non pare ce ne sia l’ombra, di pericolo men che meno e quei manifesti che sono apparsi a Napoli, un uomo che si porta le mani alla faccia, lo sfondo in bianco e nero, la scritta «la violenza ha sempre lo stesso sesso?», non sminuiscono di certo la violenza di genere. Semmai ne accendono sopra i riflettori, ricordando che non c’è solo quella del maschio sulla donna (esecrabile, inqualificabile, ripugnante) ma anche quella della donna sul maschio.

ESEMPI

Succede più raramente, assai più raramente, ma succede. Vai a spiegarglielo, sennò, al signore 57enne di San Mango Piemonte, in provincia di Salerno, che è stato stalkerizzato da una 50enne che voleva a tutti i costi intraprendere una relazioni con lui (e alla fine s’è beccata una condanna a dieci mesi di carcere). Oppure all’uomo di 50 annidi Rimini che si è visto entrare in casa una ragazza con meno della metà della sua età e che prima lo ha picchiato e poi addirittura sequestrato. O ancora al 43enne di Udine che è morto accoltellato dalla sua compagna, al termine di una lite un po’ troppo accesa, durante la quale lei gli ha lanciato dell’acido muriatico sul volto.

Sono tutti episodi degli ultimi mesi. Certo, non riempiono un’enciclopedia come quella (disonorevole) della violenza maschile (che va comunque e sempre condannata perché un marito che alza un dito su sua moglie o su una figlia o su chiunque, stronzo è e stronzo rimane), però esistono. E anche raccontarci il contrario non sarebbe giusto. Basta non essere a Napoli.

Perché a Napoli, nella zona del porto e a Fuorigrotta, da qualche giorno, sono apparsi questi cartelloni giganti «contro la violenza sugli uomini» e sono andati in tilt tutti. La sinistra, le associazioni, il Comune. Ché non si fa, non è opportuno, eh-ma-che-imbarazzo-signora-mia. Dietro (ma pure davanti, nel senso che sui manifesti c’è scritto a caratteri cubitali) c’è un comitato promotore che si chiama [email protected], l’idea è venuta a qualche avvocato partenopeo. «È un attacco», sbotta Valeria Valente, che è una senatrice del Pd (lamentela numero uno), «non solo alle donne, ma anche ai centri antiviolenza: si utilizza come specchietto per le allodole un numero di telefono che rimanda e si contrappone in modo anche simbolico al 1522, il numero nazionale del ministero per ottenere le donne vittime di violenza».

In questo modo si «veicola una falsa rappresentazione della violenza domestica che colpisce in modo sproporzionato donne e ragazze come afferma la convenzione di Istanbul. È una compagnia fuorviante che tende a vanificare gli sforzi fatti finora e quelli ancora da fare», si legge in un appello firmato da trenta associazioni (tutte e trenta meritevolissime) che si occupano di violenza di genere, la raccolta firme è è gestita del gruppo Democratiche della Campania per un Pd femminista (lamentela numero due). «Sono pienamente condivisibili le preoccupazioni espresse in merito a questa campana di comunicazione. Un’iniziativa in spazi privati non gestiti dal Comune che suscita perplessità ed è stato richiesto all’Istituto di autodisciplina della pubblicità di pronunciarsi sulla correttezza del messaggio veicolato», niente meno, spiega una nota del Comune di Napoli (lamentela numero tre).

 

 

 

LA REPLICA

Ma, allora, di cosa stiamo parlando? Perché «dispiace questa errata interpretazione», chiarisce, e da ore, Angelo Pisani, che è l’avvocato difensore del comitato [email protected], «la legge è uguale per tutti e la violenza non può e non deve essere appannaggio di una solaparte». «I dati e i numeri raccontano che nel 90% circa dei casi di violenza nelle relazioni affettive è l’uomo ad agire nei confronti della donna», aggiungono piccate le femministe napoletane: è vero, nessuno lo nega.

Però, di conseguenza, c’è un 10% di vittime che va alla stressa setregua considerato tale (cioè vittima). Tra l’altro riconoscerlo non sconfessa automaticamente l’altra faccia (gigantesca) del problema. «Questo non vuol dire», chiosa infatti Pisani, «anche solo pensare di sminuire qualsiasi iniziativa a tutela delle donne». «Per noi la violenza non ha sesso, è sempre un crimine», replica anche Antonella Esposito, altro legale del comitato (lei, scandalo, è pure donna). Così è più chiaro o alla prossima occasione ricomincia la giostra di polemiche?

 

 

 

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