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Pavese, Calvino e Nanda Pivano? L'arte di giocare con le parole altrui

Francesco Specchia
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Il mestiere del traduttore, per rigore, sofferenza e senso della solitudine, può essere paragonato soltanto a quello della monaca di clausura, del guardiano del faro e del flâneur a passeggio nelle città notturne.La divinazione delle parole altrui, la sfida a botte di vocabolario e di cartelle da 1800 battute spazi inclusi, resta inevitabilmente anche la personale fascinazione dei grandi scrittori. Una fascinazione cui s’ispirarono molti italiani sulle tracce di San Girolamo il patron dei traduttori il quale, su incarico papale, nel 382 tradusse la prima Bibbia in latino.

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