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L'aborto? Questione morale, demografica e d'amore: non ideologica

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Ginevra Leganza
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Più che paura, la parola “aborto” fa ancora rumore. E non diremmo certo rumoreper nulla. Per quanto il sospetto, a leggere i numeri, è che si parli di un tema che certo pesa, ma che – domanda – quanto conta? Perché in punto di realismo gli aborti – che qui chiameremo sempre e comunque aborti e non Ivg (interruzione volontaria di gravidanza) come se la cosa fosse qualsivoglia intervento medico – ecco, gli aborti in Italia son pochi. Non pochissimi ma assai meno che in altri Paesi. Stando ai dati del ministero della Salute, dal 1983 – annodi picco – i bambini mai nati son stati sempre meno. All’epoca furono 231.404; oggi – e cioè nel 2020, ultimo dato disponibile – sono 66.413. Secondo una curva che, da quando la legge esiste, e dunque dal ’78, ha forma di cupola. Alla fine dei Settanta gli aborti furono appunto 68.688. 

Crebbero e crebbero. Per quasi assestarsi nei Novanta sempre sopra i centomila. Poi tornarono ai sessantamila degli anni Venti (secolo nuovo). Sicché, a conti fatti, la domanda che ritorna è: di cosa parliamo quando parliamo di aborto? Di un problema sociale, di un’emergenza Polonia del governo italiano, o forse, diciamo forse, di un problema più che altro culturale, civile, finanche personale, che tocca sempre meno persone? Perché forse è di questo che parliamo. Di un problema morale. Che come tale dev’essere trattato. E dunque con spirito critico sulla vita e sulla morte, e non con tono dij’accuse contro chi rende vieppiù efficace una legge tanto equilibrata (la 194) che quasi non sembra italiana. Una legge che tutela la tragica libertà di abortire e nondimeno la vita, e cioè la possibilità di un’alternativa. I consultori famigliari che già rilasciano i certificati per praticare l’aborto, infatti, e svolgono colloqui preventivi (come quelli “pro-vita”, per intenderci) pare abbiano avuto, in Italia, un reale impatto nella battaglia di civiltà. Quella che media tra autodeterminazione della donna e diritto del nascituro. Nel 2020 – leggiamo sul sito di Fondazione Veronesi – i colloqui sono circa 45mila, i certificati rilasciati 30mila (si suppone siano perciò 15mila gli aborti evitati). 

MENO INTERRUZIONI E NASCITE
E poi. Se parliamo di aborto, in Italia, è ancora evidente che parliamo di un fatto morale non meno che demografico (e questa è un’emergenza, sì). Visto che l’aborto diminuisce al diminuire stesso della natalità. In altre parole: se si abortisce meno (ci rallegriamo) è perché si feconda meno (ci rattristiamo); e se si feconda meno, sappiamo, dovrebbe essere all’incirca per due motivi: vuoi per il culto di pillole e condom (della serie: l’amato come un malato, ohibò), vuoi per l’apocalisse del desiderio. E cioè per il logorio dell’accoppiamento moderno (causa assai suffragata, vedi Il declino del desiderio di Luigi Zoja). Quando parliamo di aborto, quindi, parliamo di un problema morale che come tale – e senza ideologia – dovrebbe essere trattato. Ovvero come un fatto che va discusso e disciplinato. Oltre che come un fatto che esiste da sempre, ed esiste sempre meno. Al punto che farne oggetto di filippiche, oggi, inserirlo in costituzione – o fra i diritti fondamentali dell’Unione europea – non precorre solo il totalitarismo (l’aborto in costituzione esisteva nella Yugoslavia di Tito), ma fa a pezzi lo stesso spirito democratico che è, ipso facto, spirito critico.

E si fonda perciò su diritti fondamentali ampi, che possono essere discussi, sempre con spirito critico. E che in Europa sono sei: dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia (cose che riguardano tutti, tanto per capirci, non solo 66.000 persone). Ma l’aborto, dicevamo, è un problema morale non meno che demografico. E a tal proposito, per quel che riguarda la denatalità in Italia, il movimento pro -vita riparta da qui. Dal declino dell’amore fisico. Siamo nell’ambito dei consigli non richiesti, certo, ma immaginatevi – voi lettori – che bello. Un movimento pro -vita che nei consultori inneggi ad amare prima che a non abortire. Allora sì che torneremmo a fare bambini. E sì che all’aumentare dei bambini ci sarebbe un aumento di aborti tali da giustificare gli spauracchi a Montecitorio. Tanto rumore per qualcosa, e non per nulla.

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