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Ramadan, l'Islam e le donne nel recinto: le femministe stavolta non parlano
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Guardatele bene le foto pubblicate stamattina da Libero. Non vengono da Teheran o da qualche altro paese teocratico e fondamentalista, ma da casa nostra: alcune da Roma, altre da Mestre.
La scena parla da sé: nelle ore conclusive del Ramadan, gruppi di uomini di religione islamica sono raccolti in preghiera, mentre le donne - già completamente velate stanno rinchiuse dentro recinti artigianali, in qualche caso costrette entro vere e proprie reti da pollaio, in qualche altro celate dietro drappi oscurati e oscuranti, affinché non vedano né siano viste, nella loro condizione - tale è l’inequivocabile messaggio - di esseri impuri e inferiori. Che altro deve succedere- ci domandiamo - affinché suoni la sveglia? Quale altra forma di palese discriminazione siamo disposti ad accettare, anzi a subìre, sul nostro territorio? O dobbiamo dedurre che su porzioni di suolo italiano la Costituzione e il citatissimo principio di uguaglianza siano già disapplicati e disapplicabili, tacitamente sostituiti dalla legge islamica?
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Un santuario alpino sospeso nel tempo e nello spazio
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