La Russa junior, che cosa resta dell'inchiesta per stupro
«Credo che così si sia definitivamente sgombrato il campo da quell’ipotesi che più di ogni altra aveva prostrato il nostro assistito. Adesso si deve ragionare anche in modo diverso». È soddisfatto (e non lo nasconde) l’avvocato Adriano Bazzoni. Dice che se c’era una “prova regina” ora non c’è più, che lo scenario è cambiato ed è cambiato completamente perché «sia pure con ogni prudenza, il dato scientifico, farmacologico e tossicologico è negativo».
Il caso, l’assistito a cui si riferisce Bazzoni, che lo difende assieme al collega Vinicio Nardo, è quello di Leonardo Apache La Russa. Il figlio oggi 21enne del presidente del Senato Ignazio (Fratelli d’Italia), finito al centro di un’inchiesta giudiziaria nel maggio del 2023, quando una ragazza poco più grande di lui lo ha denunciato per violenza sessuale. Una vicenda sulla quale sta facendo chiarezza la magistratura milanese che, infatti, ha aperto un fascicolo a carico di La Russa (e anche di un suo amico, il dj Tommaso Gilardoni).
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LA VICENDA - Nella primavera dell’anno passato, stando a quanto emerso fino a ora, la presunta vittima ha raccontato agli inquirenti di aver incontrato in una discoteca della Madonnina La Russa junior: si sarebbe svegliata, ha spiegato poi, il mattino seguente, nuda e in stato confusionale, nel letto e nella casa di famiglia di lui. Ha anche sostenuto, la ragazza, di essere stata drogata e di aver subito rapporti intimi non solo da La Russa, ma anche da Gilardoni.
Avrebbe ingerito, secondo la sua ricostruzione, della droga, presumibilmente quella “dello strupro”, già prima, cioè quando era nel locale, probabilmente mischiata a sua insaputa in qualche gin tonic. Una circostanza che sarebbe confermata da uno scambio di messaggi con l’amica che l’aveva accompagnata al dancing.
È da qui che parte la denuncia nei confronti di La Russa, ma è anche qui che, con la perizia disposta dalla procura di Milano e resa nota venerdì sera, la faccenda sembra iniziare a sgonfiarsi. Le tracce di Ghb (quella che normalmente viene definita, appunto, la “droga dello stupro”) presenti nei capelli della ragazza risultano infatti essere in quantità minime, irrisorie, anzi pari a quelle presenti fisiologicamente in ogni persona, compresi chi non ha mai assunto questo genere di stupefacenti.
«Il livello di Ghb rilevato», spiega Bazzoni, «è costante, uguale e corrispondente a quello che ognuno di noi produce normalmente». La ragione sta nel fatto che il gamma-idrossibutirrico (questo il nome tecnico del Ghb) è un acido organico, che è cioè presente all’interno del nostro sistema nervoso. L’esito degli esami in questo caso non sono un punto da poco o un cavillo secondario: il tossicologo Domenico Di Candia, il consulente della procura, analizzando cinque segmenti di capelli della presunta vittima, è arrivato alla conclusione che le molecole di Ghb presenti su quei “reperti” siano da considerarsi «fisiologiche» anche se, secondo lui, non è possibile, al momento, dire se effettivamente una singola assunzione ci sia stata o meno quasi un anno fa.
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Considerazione un po’ troppo «prudente» per Bazzoni, però, secondo il quale «se ci fosse stata un’assunzione, secondo i dati scientifici riferiti anche dal nostro consulente, che è un esperto di questa materia, sarebbe sicuramente emersa».
Ci sarebbe stata, infatti, una sorta di picco nel segmento corrispondente al periodo in esame che avrebbe confermato come quel Ghb fosse stato da considerarsi “esogeno”, assunto dall’esterno e non prodotto dall’interno: la spiegazione è tecnica, ma il punto è che così non è stato.
LE CONCLUSIONI - «Le conclusioni della perizia disposta dalla procura», chiarisce a scanso di qualsiasi equivoco la difesa di La Russa, e il fatto che la perizia a cui si riferisce non sia nemmeno quella disposta dagli avvocati dell’imputato è un dettaglio mica da secondo piano, «confermano in maniera assoluta che i livelli di Ghb escludono assunzioni esterne. La circostanza indicata dal perito secondo cui una singola assunzione non sarebbe rilevabile non trova alcun fondamento scientifico e soprattutto non si capirebbe, in tal caso, che senso avrebbe avuto fare questa stessa perizia».
Certamente il caso non è chiuso qui, c’è un procedimento aperto e (come è giusto che sia) verrà discusso e deliberato nelle sedi opportune: che sono le aule dei tribunali, nello specifico quello di Milano, e non le pagine dei giornali, men che meno quelli che (non facciamo nomi) da un annnetto a questa parte non fanno che rimarcare ogni virgola dell’intera inchiesta su La Russa junior con una morbosità che col garantismo c’entra un accidenti. Ma tant’è.