Monfalcone, gli islamici vogliono commissariare il Comune leghista
Scusateci, islamici, se a casa nostra vorremmo veder rispettate leggi, tradizioni, consuetudini. E se vorremmo a che a dettare le regole di convivenza fossero le istituzioni, sia locali che nazionali. A Monfalcone, invece, non si può. Parliamo del comune in provincia di Gorizia dove c’è una incredibile presenza di islamici, con pretese nei riguardi dell’amministrazione locale, che il Comune non può certo avallare. Sono proprio i musulmani a pretendere che si faccia come dicono loro e adesso si sono messi in testa persino di sollecitare il commissariamento del comune al Consiglio di Stato.
Come se ci fossero i mafiosi, con le sembianze del sindaco Anna Maria Cisint, leghista talmente indigesta ai cultori del Corano da dover girare sotto scorta di polizia. È oggettivamente una situazione insostenibile, in cui la prima cittadina non può essere lasciata sola di fronte ad una battaglia che è insieme di legalità e di sicurezza. Al fianco ha il suo partito, la Lega, che la candida in Europa, ma la Cisint ha davvero bisogno del sostegno di tutte le istituzioni. Ma a che serve la nomina di un commissario ad acta? La risposta sta negli atti prodotti dalla comunità di musulmani. Vogliono – come se non potessero già farlo – la garanzia dello svolgimento della loro preghiera a Monfalcone. Ad avviare l’azione legale i locali “centri culturali”. Che comunemente vengono tradotti in moschee, soprattutto se illegali. Ma non si può dire per non incorrere nelle grinfie del politicamente corretto.
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LA REPLICA
Ovviamente la Cisint non ci sta e ha replicato a muso duro, leggi alla mano: «Il Comune non può essere ridotto a un tappeto su cui pregare – sono le sue parole – quanto avvenuto si dimostra una situazione pericolosa, un attacco al cuore delle istituzioni. $ una situazione imbarazzante, un tentativo di delegittimazione degli organi istituzionali». E valle a dare torto.
«La nuova istanza inviata dall’avvocato Latorraca al Consiglio di Stato si basa su una rappresentazione del tutto falsa e infondata del modo di agire dell’amministrazione comunale – insiste il sindaco - il Comune entro cinque giorni ha puntualmente attivato il tavolo di confronto e individuato con una rapida istruttoria tre siti temporanei idonei, agevoli e dignitosi, che rispondono pienamente alle esigenze avanzate, a cui è stata contrapposta dalla controparte la richiesta di una struttura nella quale c’è un cantiere per la sua trasformazione in centro sportivo integrato per disabili e normodotati che sarà pronto a settembre».
Quindi, la Cisint dovrebbe sottostare ai voleri dei musulmani e rinunciare a quel centro che serve alle persone più in difficoltà nella sua città. Siamo al paradosso, alla gag, alla barzelletta. $ evidente che le opere sociali non possono essere barattate con le moschee.
IL VERO VOLTO
«Stamattina – ha detto la responsabile dell’amministrazione comunale – abbiamo presentato le nostre memorie al Consiglio di Stato.
Siamo di fronte ad una grave dissimulazione delle associazioni che hanno rivelato il loro volto». Dunque perla prima cittadina, in uno stato laico, il Comune non può agire a tutela di errori del privato e «non ci sono precedenti». «Nessun vescovo o sacerdote ha chiesto mai posti dove pregare, questi non sono compiti dell’ente pubblico – ragiona Cisint - allora le stesse pretese dovrebbero valere per tutti gli ordini religiosi.
Analogamente, poiché anche il lavoro è un diritto garantito dalla Costituzione, l’ente pubblico dovrebbe provvedere anche a fornire le strutture e le sedi di lavoro per chiunque lo richieda, artigiani, commercianti. Allo stesso modo si vorrebbero togliere ai nostri ragazzi le scuole e le palestre per assegnarle alle esigenze di culto degli islamici». Se tutto questo dovesse accadere, Cisint si dice decisa a «lasciare la fascia tricolore di sindaco» in quanto risulta evidente che ci si trovi di fronte ad «un golpe».
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IL RACCONTO
Dunque, nel deposito delle memorie al Consiglio di Stato, l’amministrazione ha allegato i verbali degli interventi della Polizia locale, relazioni tecniche e un racconto dei fatti dettagliato. Ora si attendono nuovi pronunciamenti da parte del massimo organo di tutela della giustizia amministrativa. Al momento, contattati dalla redazione, i referenti dei centri culturali e il loro legale non hanno rilasciato alcuna dichiarazione in merito. Il che probabilmente è anche ovvio perché è davvero difficile spiegare pretese del genere avanzato alla pubblica opinione, sempre più attonita. Benvenuti in Italia. Che non è ancora una Repubblica islamica.
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