Israele, salgono in cattedra i prof del peggiore estremismo rosso
Sale in cattedra il peggiore estremismo rosso. Per carità, non è certo una novità, ma ci sono i professori con nomi che colpiscono. Insultano e si lamentano delle querele che ricevono. Poi gli antichi ruderi che istigano contro Israele. E quelli che incitano al boicottaggio. Su Tel Aviv, anzi contro, non ci facciamo mancare nulla. I giovani hanno da apprendere i rudimenti dell’arroganza, devono mettere in pratica gli insegnamenti dei teorici dell’oltranzismo, più che studiare si fanno mettere sotto. C’è da strabuzzare gli occhi a leggere quanto verga la più nota star degli atenei rossi, quella professoressa Donatella Di Cesare che ancora singhiozza per la scomparsa della brigatista rossa Barbara Balzerani. La povera Di Cesare, ordinaria di filosofia teoretica a La Sapienza di Roma, dovrà rinunciare a qualcuna delle sue lezioni rivoluzionarie nei giorni in cui le toccherà rispondere di fronte ai giudici. Infatti è stata mandata a processo in seguito ad una querela per diffamazione presentata dal ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida. Che evidentemente non era così infondata.
L'udienza in tribunale a Roma è in programma il 15 maggio. Lei, la Di Cesare, arringa per se stessa con note ai media: «Tutto ruota intorno alla formula “sostituzione etnica” che il ministro ha pronunciato al congresso Cisal il 18 aprile 2023 suscitando molto scalpore. La sera dello stesso giorno, nella puntata del programma DiMartedì su La7, quando mi è stato chiesto di commentare, ho detto che “il nazismo è stato un progetto di rimodellamento etnico del popolo e il mito complottistico della sostituzione etnica è nelle pagine del Mein Kampf di Hitler”. Ho aggiunto: “Credo che le parole del ministro non possano essere prese per uno scivolone, perché ha parlato da Gauleiter, da governatore neohitleriano”. Questa mia opinione si è basata sui miei studi di anni su questo argomento». Speriamo che sia stata l’unica a studiare in questo modo, se i risultati sono questi.
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E poi la giaculatoria stile Saviano: «Duole constatare che un ministro, dal suo posto di potere, denunci una privata cittadina. Soprattutto preoccupa l’abuso di querele per tacitare le voci del dissenso intellettuale. Gli esponenti di un governo democratico dovrebbero essere aperti al confronto e rispondere con le parole e i mezzi della discussione pubblica alla critica politica anche aspra. Al contrario qui arrivano querele come manganellate. Non mi faccio tuttavia intimidire. Ho fiducia nella magistratura e mi difenderò in tribunale». Sicura di avere tutta questa fiducia? Il pianto preventivo non è un bel biglietto da visita per il processo.
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RITORNA CAPANNA
In questo clima può mancare Mario Capanna. Alla sua bella età continua a minacciare sfracelli e a istigare il mondo. Persino un’intervista al moderatissimo Foglio è sufficiente per appiccare i consueti incendi a cui ci abituò da giovane, ormai tantissimi anni orsono. Per Mario Capanna il boicottaggio universitario contro Israele è «necessario. Israele è uno stato fuorilegge, una fabbrica indefessa di antisemitismo». Quindi gli antisemiti non sono quelli del 7 ottobre. Rompere i rapporti scientifici con le università israeliane? «Assolutamente, sì», dice l’antico leader dell’estremismo rosso ormai alla sua quindicesima giovinezza. «Israele sta compiendo uno sterminio di massa».
Poi Capanna nega che ci sia boicottaggio: «L’Università è il luogo della totalità dei saperi». E cosa significa? «Gli atenei non possono ignorare la tragedia immane della Palestina. Israele pratica uno sterminio». E quindi al muro chi collabora con Tel Aviv. Non finisce qui, perché si affaccia da La Stampa pure il fisico Carlo Rovelli, per il quale comunque le parole non sono un problema: «Lo strumento del boicottaggio ha dato buoni frutti in passato», mica si spaventa. E quello che succede negli atenei, il divieto di parlare al direttore di Repubblica Molinari e al giornalista Parenzo (guai a parlargli di Capezzone...) sono cose da fare? Lui fa spallucce e giustifica quelle aggressioni. Molinari e Parenzo «sono tra le persone la cui voce è ascoltata in tutta Italia» e quindi «chiedere che non parlino non è certo togliere la parola a qualcuno». Professori... figuriamoci come possono crescere i loro studenti.