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Atac, lo spot con la canzone di Mina scandalizza Roma più dei bus in fiamme

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Lorenzo Mottola
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Ci toccherà tornare ai codici di condotta anni ‘50, quando nei programmi Rai non si poteva neanche pronunciare la parola “piede” perché ritenuta inopportuna (la teoria dell’epoca era: meglio dire “estremità inferiore”, sennò gli spettatori a casa arrossiscono tutti come scolarette). Sono passati 70 anni e una vita di lotte per la liberazione dei costumi, della donna etc. E il fatto curioso è che il turbo-femminismo del nuovo millennio ci ha portato al punto di partenza. Talmente liberi dagli stereotipi da sembrare i tutti mostruosamente bigotti. Ci riferiamo a un piccolo caso scoppiato a Roma, dove ha dato “scandalo” un post apparso per ventiquattr’ore sui social dell’Atac, società di trasporti capitolina. 

Due gli elementi controversi. Il primo: al fine di esaltare la scelta dei colori degli autobus di fresca produzione, i “creativi” romani hanno usato l’immagine di una modella in pantaloncini cortissimi con addosso un giacchino di pelle “rosso Gucci”. Secondo punto, ancora più grave, riguarda la colonna sonora, ovvero «l’ammiccante canzone di Mina “Ancora”», come l’ha definita un consigliere di Italia Viva, Valerio Casini, che continua: «Il video apparso da qualche giorno sull’account ufficiale Instagram della partecipata del Comune, per promuovere l’arrivo dei nuovi bus ibridi, è inopportuno e di dubbio gusto, incentrato su stereotipi superati». Un parere condiviso da molti utenti che hanno commentato o ironizzato sui canali del Campidoglio. Il caso è finito sulle pagine romane del Corriere della Sera, che ha così descritto il fattaccio: «La modella sfoggia le gambe affusolate e nude sulla passerella. Ancheggia a favor di camera, mentre esplode come sottofondo la celebre canzone di Mina “Ancora, il tuo corpo ancora, le tue braccia ancoraaaaa”». E l’Atac ovviamente ha fatto sparire il filmatino. 

IL DIBATTITO
Surreale che il dibattito su un’azienda di trasporti nota per l’impressionante frequenza degli incendi a bordo degli autobus si concentri sulla moralità e il buon gusto degli spot sui social. Al di là di ciò, fa riflettere che una come una canzone come quella diMina– presentata al pubblico nel 1979 – riesca a passare come osé nel 2024. Chissà cosa succederà quando questi commentatori indignati scopriranno il temibile Tuca Tuca di Raffaella Carrà. Le Kessler rischiano di passare per pornografia. Riguardo all’“utilizzo” del corpo della donna, l’immagine al centro del caso è pubblicata qui sopra e qualsiasi lettore potrà giudicare se si tratti di qualcosa effettivamente scandaloso o di una semplicissima sfilata di moda italiana, dove quindi non è prevista la presenza in passerella di burqa ma può capitare che si vedano perfino delle gambe nude. D’altra parte, ricordiamo che è più probabile che gli abbonati Atac più anziani escano a cena con la signorina in foto, piuttosto che un bus romano arrivi in orario. Forse, anche nelle proteste, sarebbe meglio concentrarsi su cose serie.

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