Giulia Tramontano, "tutto ha un sapore strano". La testimonianza agghiacciante della sorella
È Chiara, sorella di Giulia Tramontano, uccisa mentre era incinta di sette mesi del piccolo Thiago a coltellate dal compagno Alessandro Impagnatiello nel loro appartamento a Senago il 27 maggio del 2023, a testimoniare nella quarta udienza del processo. "A inizio dicembre ricevo una foto di mia sorella in bagno e la foto del test positivo, vedo le sue lacrime e le chiedo se sono lacrime di gioia o di paura, la sua paura era come lui avrebbe accolto la gravidanza ed è così: è una brutta notizia perché il bambino non era gradito. Lei era infelice e triste perché già si sentiva mamma".
Nella sua deposizione in aula la giovane non pronuncia mai il nome di chi siede con la testa bassa dietro le sbarre, lo chiama sempre "l’imputato". La sorella minore ricostruire l’incertezza di quei mesi, la decisione di abortire, la difficoltà di accettare la decisione. "Una ragazza del Sud che aspetta un figlio non è mai sola, non capivamo come due stipendi non potessero bastare per crescere un figlio".
Nella data del presunto aborto "c'è stato un ripensamento di lui, lui cambia idea, dice di desiderare quel bambino. È stato come buttare acqua sul fuoco, ha portato un po' di quiete anche a noi familiari, eravamo pronti a supportarli".
Il racconto di Chiara, "sorella e confidente" è quello di una relazione 'incerta', "io ero in disaccordo che lei continuasse a stare con lui, io credevo che lui l’aveva tradita ma lei era innamorata. Il mio disappunto sul viaggio a Ibiza non è stato accolto bene", ma a maggio nell’ultimo viaggio a Napoli "vidi il suo pancione e realizzai che stavo diventando zia. Sapevo che qualcosa non andava, anche in quel frangente non andava, ma io giurai a me stessa di aver smesso di essere giudice di quella storia e sarei stata accanto a mia sorella".
L'avvelenamento - Quindi racconta un dettaglio agghiacciante: "Mia sorella diceva che l’acqua che assumeva aveva uno strano odore di candeggina, beveva tantissime tisane ma non le davano sollievo. Tutto quello che mangiava aveva iniziato ad assumere un sapore strano". Secondo l’accusa, rappresentata dalle pm milanesi Letizia Mannella e Alessia Menegazzo, l’imputato avrebbe infatti avvelenato per mesi la giovane incinta. La sorella racconta dell’ultimo Natale trascorso in famiglia e dei "dolori fortissimi allo stomaco, lei stava malissimo, soffriva terribilmente, aveva la borsa dell’acqua calda sempre con sé, il dolore di stomaco la stava spegnendo", aggiunge.
Il tradimento - "Lui le diceva che era pazza che aveva perso la ragione, che i tradimenti erano sue paranoie, che era folle perché voleva controllarlo. Le ha fatto credere che fosse pazza che vedesse indizi di tradimenti, ma quei tradimenti ci sono sempre stati". Una relazione "malata, a senso unico"finita con l'uccisione di Giulia all’indomani dell’incontro con l'altra donna di Impagnatiello. "Domenica 28 maggio mi chiama una ragazza e mi racconta tutta la storia, mi dice ’sono la fidanzata di Alessandro Impagnatiello'. Mi crollò il mondo addosso. Disse che sabato (il giorno prima, ndr) ho contattato tua sorella per dirle che eravamo le fidanzate dello stesso uomo. ’Ho comunicato tutto a tua sorella, anche della mia gravidanza che ho dovuto interrompere'", aggiunge nella sua testimonianza davanti al tribunale di Milano.
"Era una quantità di informazioni difficile da elaborare, mi chiedeva se avessi sentito Giulia, mi chiese ’pensi che tua sorella possa essersi suicidata? Te lo chiedo perché Alessandro mi ha detto che lei era bipolare, che aveva tentato più volte il suicidio e che le stava accanto per quello. Negai tutto, lei era spaventata che lui avesse potuto fare del male a mia sorella", aggiunge. Chiara chiama l’imputato: "Gli chiesi incessantemente dove era Giulia, lui al nome dell’altra donna era furioso. Affermò che il sabato sera era rientrato dal lavoro e mi sorella era andato a letto, lei di notte si era alzata per andare a comprare delle sigarette e poi la domenica mattina, intorno alle 7, prima di andare a lavoro lei era a letto che dormiva". Una bugia: Giulia era già morta. Dal banco dei testimoni la ragazza ricorda le ricerche della sorella, gli appelli sui social, e il silenzio invece dell’imputato che, davanti alla stazione dei carabinieri. "Mi disse che avrei dovuto mettere da parte i miei dissapori per lui, che avremmo dovuto fare squadra, mi inveì contro davanti ai carabinieri e io non avevo neanche aperto bocca".