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Via i soldi alle Università che mettono il bavaglio

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Si sa, in Italia essere buoni profeti è fin troppo facile: spesso, infatti, per azzeccare il pronostico, è sufficiente prevedere il peggio. Così, pochissimi giorni fa, su Libero, avevamo anticipato la frontiera ulteriore della crescente onda antisemita (da alcuni ancora eufemisticamente definita antisionista): la messa in discussione perfino degli accordi accademici tra università italiane e atenei israeliani. Per sua natura, un boicottaggio di questo tipo porta con sé un connotato intrinsecamente ostile: un’università non può mai essere confusa con l’esercito di Israele o con il governo che è oggi pro tempore al potere a Gerusalemme. Dunque, recidere perfino rapporti scientifici e di ricerca implica una precisa volontà discriminatoria. 

E puntualmente- secondo i nostri peggiori presagi- si è verificato l’episodio di Torino. Non solo il senato accademico dell’università ha decretato lo stop agli accordi con Israele scegliendo di non partecipare al relativo bando, ma la decisione è stata assunta in un clima surreale, con tanto di irruzione degli studenti pro Palestina (armati di bandiere e striscioni) in piena riunione dell’organismo dell’ateneo. (...)

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