Iginio Massari e la bufera sulla cassata: "Troppo dolce", scoppia il caso
«Conosci tu il Paese dove fioriscono i limoni?». Nel suo “Italienische Reise” (“Viaggio in Italia”), Wolfang Ghoete chiamava così la Sicilia. Più di duecento anni dopo è diventata la terra dove fiorisce lo zucchero. Già, perché Iginio Massari, maestro indiscusso della pasticceria italiana, ha messo in discussione la cassata, il dolce principe della tradizione sicula. La frase è di quelle che fanno male, soprattutto a chi fa finta di non vedere i livelli di glicemia dopo le analisi del sangue: «È un dolce poco esportabile per il suo sapore troppo dolce», ha affermato all’Exopocook qualche giorno fa. Apriti cielo. Il numero uno dei pasticceri che abbatte un mostro sacro come la cassata. E così diversi maestri pasticceri che portano in alto il nome della tradizione siciliana hanno tuonato contro Massari. Uno su tutti, Salvatore Cappello, divulgatore tra l’altro della Setteveli, altra bomba calorica irrinunciabile con sette strati di cioccolato: «Troppo dolce? Questo lo pensa lui, è il suo punto di vista, che io rispetto. Ma la cassata che si produce oggi è molto diversa da quella che gustavo io quand’ero ragazzo». E come dargli torto. Chi scrive è palermitano e qualche cassata in questi lunghi 38 anni l’ha mangiata: in Sicilia e soprattutto a Palermo la cassata di oggi è già stata rivisitata ed è passata, come lo stesso Cappello ha sottolineato, dai 900 grammi di zucchero per un chilo di ricotta degli anni Ottanta e Novanta ai 350 grammi attuali. Una bella differenza che rende il dolce equilibrato e frena il desiderio irresistibile della sterzata iper-zuccherosa.
IDENTITÀ CULTURALE
Ma la critica alla cassata non è solo una faccenda tra chef, è anche una questione da una parte identitaria e culturale, dall’altra si può dire “dietetica”. Per quanto riguarda il primo aspetto, infatti, metterla in discussione significa stravolgere i pilastri della pasticceria siciliana, pilastri che da secoli sono avvolti dalla pasta reale (o pasta di mandorle). Quella che compone il cappotto della cassata. Sì, è vero, c’è anche il pan di spagna, ma quel verde che abbraccia il bianco della glassa e i colori degli agrumi della Conca d'oro è indiscutibilmente il protagonista del dolce che addobba le tavole della domenica da Trapani fino a Ragusa. Durante la dominazione normanna, l’invenzione da parte delle monache del Convento della Martorana a Palermo della pasta reale, detta “martorana”, un impasto di farina di mandorle e zucchero sostituì il precedente involucro di pasta frolla ribaltando e rivoluzionando il dolce dei dolci. Poi gli spagnoli aggiunsero il cioccolato nella ricotta e il barocco i canditi.
Sì, tutto molto zuccheroso, ma un tripudio di odori e soprattutto di colori, vero omaggio a quell'animo pomposo e gattopardesco che ha poi trovato ampio spazio tra i banchetti dei Borboni. Per quanto concerne d’altro canto l’aspetto più propriamente dietetico, c’è da dire che ormai tutto ciò che ha a che fare con lo zucchero rischia di essere messo al bando. Capolavori di pasticceria come la torta Sacher e - altro esempio di provenienza siciliana - il marzapane, entrambi molto dolci, non rientrano nelle odierne “tendenze”: zuccherose, caloriche. E buonissime, ma questo pare divenuto secondario (non per noi, ça va sans dire). Tornando alla cassata, una risposta a Massari arriva già dai manuali secolari di pasticceria palermitana dove è contemplata la “cassata al forno”, lo stesso identico dolce ma senza canditi e pasta reale. Lo zuccherò c’è, ma solo quello a velo che viene delicatamente cosparso sulla pasta frolla dopo una cottura a 200 gradi. È la cassata light che farebbe al caso di Massari.
PASQUA IN ARRIVO
E sul fatto che non possa essere esportata, beh, i pacchi che quotidianamente partono per gli States parlano chiaro, ma anche quelli che arrivano a Milano sono l’indicatore di un dolce che viaggia tanto. Alzi la mano chi non ha mai chiesto a una pasticceria qui al Nord: «Ehm, scusi, la cassata vi arriva fresca da giù?». Infine, la tempistica del buffetto alla secolare storia della cassata è arrivato alle porte del momento clou in cui viene disvelata sulle alzatine siciliane: la Pasqua. A Palermo si usa dire così: «Tintu è cu nun mancia a cassata a matina ri Pasqua» («Meschino chi non mangia la cassata la mattina di Pasqua»). E poiché sappiamo bene che Massari non è affatto tintu, siamo sicuri che anche lui si concederà tra qualche giorno una botta glicemica made in Sicily. Magari con un buon passito di fianco. Con buona pace di quei nuovi dolci senza zucchero, senza latte e senza uova che hanno una caratteristica precisa: la carta dell’involucro ha più sapore di quello che c’è all’interno.