Trattori, le origini della parola: ecco le radici del neologismo novecentesco
La protesta, magari ad alta voce, dei trattori. Non degli agricoltori, o dei coltivatori (o operatori) agricoli, ma proprio dei trattori.
Nei titoli di tanti articoli di giornale gli automezzi gommati o cingolati intenti a battere in lungo e in largo le strade e le autostrade d’Italia e d’Europa, fra un raduno e un corteo, un’occupazione e un presidio, vengono umanizzati: li si immagina, come già accaduto per i forconi del movimento insorto nell’inverno del 2011, ed esploso nei due anni seguenti – alleati di pastori e contadini furono allora i camionisti: i tir, per continuare con gli antropomorfismi –, con le fattezze dei manifestanti che continuano imperterriti a marciare, in groppa ai loro mezzi, per difendere i loro diritti (di retroguardia, secondo alcuni).
Obiettivi polemici della protesta di agricoltori e allevatori l’integralismo ambientalista, i cibi sintetici, le tasse troppo alte, la proliferazione degli animali selvatici, gli ostacoli frapposti alla libertà d’impresa e altro.
Trattore, anche per «veicolo trainante e motorizzato di un treno» (“L’elettricità”, 17 novembre 1905, pp. XIV-XV), è un neologismo novecentesco. Alla base del termine, un derivato di trarre, ci sono il francese tracteur, attestato nel 1876 per «locomotive à vapeur» (“La République Française”, 19 ottobre), e l’inglese tractor, documentato nel 1896 come «engine or vehicle for pulling wagons or plows» («motore o veicolo per trainare carri o aratri»). Al latino moderno tractor (“attrattore”), matrice della parola inglese – anche per esprimere il senso di qualcosa che tira (1856) –, si può aggiungere una testimonianza vitruviana: tractorium machinarum genus («tipo di macchine atte a tirare»).
«La convenienza trasforma l’ambiente, trasforma le aziende, modifica le abitudini, le simpatie e i pregiudizi degli uomini. Non sembra quindi fuor di luogo pensare che (...) l’agricoltore sarà portato a persuadersi di adattarsi e adattare la sua azienda alle esigenze del grande trattore e non è quindi improbabile che col tempo questo miri a prendere il sopravvento sul piccolo» (“Minerva agraria”, VIII, 15-30 gennaio 1916, p. 181). Ditelo ai trattori.