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Stupro di Catania, i 7 egiziani ospiti nei centri di accoglienza

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Claudia Osmetti
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Erano in sette. Tutti e sette egiziani, tra loro tre minorenni: sbarcati in Italia, ospiti di alcune strutture d’accoglienza perché la legge vuole così, vuole che non si possa espellere dal Paese chi non ha ancora compiuto diciotto anni. Catania, giardini comunali della Villa Bellini. Che è centro che più centro non si può. Martedì 30 gennaio, alle sette e mezza di sera. Fa già buio in Sicilia. È inverno. Una ragazzina (italiana) di tredici anni è assieme al suo fidanzatino. Scherzano, si prendono per mano, vai a sapere. In giro non ci sono molte persone. A un certo punto la coppia si avvia verso i bagni della Villa. È l’inizio dell’incubo. I sette egiziani li accerchiano. Palpeggiano lei, spintonano lui. Li obbligano a entrare nei bagni mentre loro urlano, disperati, epperò nessuno li sente.

La 13enne è terrorizzata, la violentano in due e gli altri cinque stanno a guardare. Uno di quelli che compiono fisicamente lo stupro è un minore, lo certificheranno nel giro di pochi giorni i test e le analisi del Ris (il reparto investigazioni della Scientifica) di Messina. Ma intanto è l’inferno, lì, in quei bagni pubblici, in una serata di inizio anno, dove gli egiziani fanno a turno perché sono impegnati a tenere a bada il fidanzato (minorenne pure lui, ha diciassette anni), minacciandolo e bloccandolo e impedendogli di avvicinarsi. 

 

 

VITTIME IN LACRIME
Dura qualche minuto che sembra un’eternità. Che sembra una vita. Quando gli adolescenti italiani riescono a divincolarsi e scappano per una via limitrofa, i quasi coetanei egiziani se la danno a gambe levate. La coppia la nota qualche passante. Sono due giovani impauriti. Piangono entrambi. Sono sconvolti. Lei si è appena accasciata a terra, un po’ per il dolore un po’ per lo shock, a una manciata di passi da lui. Eppure riescono a trovare la forza di raccontare quel che è appena accaduto. Arrivano i carabinieri catanesi del nucleo investigativo e i, non a caso, colleghi della Scientifica. Sono fondamentali, gli agenti della Scientifica. Raccolgono le prove, le targhe biologiche e quelle forensi, visionano i girati delle telecamere di sorveglianza presenti a Villa Bellini. Le due vittime sono già in ospedale: è la ragazza che riconosce alcuni dei suoi aggressori.

Tanto basta. Partono le indagini, due inchieste parallele perché sono due le procure coinvolte: quella distrettuale con il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e il sostituto Anna Trinchillo e quella per i minorenni diretta dalla procuratrice Carla Santocono. È così che si arriva ai responsabili: in meno di ventiquattro ore c’è il primo “match” positivo con uno degli aggressori. Il primo egiziano che viene fermato vuota il sacco, capisce che gli conviene parlare e fa esattamente quello: collabora con gli inquirenti, dà loro indicazioni per identificare gli altri mascalzoni del suo gruppo.

Ne prendono sei, i carabinieri di Catania. All’appello ne manca appena uno che viene acciuffato a distanza di poche ore. In soli due giorni di investigazione quattro maggiorenni finiscono dritti dritti in arresto (tre in carcere e uno ai domiciliari); per gli altri tre che non hanno ancora l’età per la patente scatta la misura pre-cautelare in un Cpa, ossia in un centro di prima accoglienza. Tutti e sette sarebbero (dice una nota delle autorità) «entrati in Italia da minorenni e, in forza della legislazione vigente, accolti in alcune strutture. In ragione della minore età vige, infatti, il divieto di espulsione con possibilità di rilascio da parte della questura competente del permesso di soggiorno fino al compimento della maggiore età».
Che in quattro avevano già raggiunto, peraltro.

IL COMUNE
«Si tratta di un detto gravissimo e che sia avvenuto in una zona così centrale della città ci lascia ancora maggiormente frustati», fa sapere il vicesindaco di Catania, Paolo La Greca: «Non v’è dubbio che c’è una convivenza complessa che dobbiamo pian piano abituarci ad avere. Queste tragedie purtroppo si confermano nell’idea che la donna possa essere esclusivamente considerata un oggetto dei desideri maschili».

 

 

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