"Meglio mafiosi che pentiti"
La protesta della moglie di un collaboratore di giustizia
"Meglio essere mafiosi che pentiti". E' un grido di disperazione quello di Rosaria Scerra, 38 anni, moglie del collaboratore di giustizia Rosario Trubia, ex reggente di Cosa Nostra di Gela. Davanti agli uffici giudiziari di Caltanissetta, la donna, accompagnata dai quattro figli (di età compresa tra gli 11 mesi e i 21 anni), con bagagli al seguito ha spiegato ai cronisti: "Non abbiamo più una vita, una casa. Siamo sballottati da un albergo all'altro, in giro per l'Italia, senza alcun preavviso e senza rispetto per le nostre esigenze". Sotto accusa lo Stato: "Non può trattarci così, non può negarci il diritto alla casa e a una vita normale". In lacrime l'amara conclusione: "Stavamo meglio quanto mio marito faceva il mafioso". Rosario Trubia, detto "Nino D'Angelo" da tre anni collabora con la giustizia. Ha raccontato agli investigatori diversi fatti di sangue verificatisi a Gela durante la guerra di mafia.