Sciopero generale? Per andare in piazza i sindacati calpestano leggi e Costituzione
Per carità, di buoni motivi per bloccare lo sciopero di Landini & C. ce ne sarebbero tanti. A partire da quella imbarazzante “coincidenza”, così la chiamano con un bel po’ di faccia tosta Cgil e Uil, di cinque giornate di sciopero proclamate da qui al primo dicembre che non cadono mai in mezzo alla settimana: 17, 20, 24, 27 novembre e primo dicembre. Toh, tutti venerdì e lunedì. Certo, ripetono i leader sindacali, i lavoratori non perdono mai una giornata di stipendio a cuor leggero e spesso fanno i turni anche di sabato e domenica. Epperò in un modo o nell’altro sempre lì si finisce. Prima o dopo, purché il fine settimana si allunghi e il lavoratore sia un po’ più invogliato a rimetterci i soldi per una causa che non ha niente a che fare con le sue condizioni di lavoro, con la sua busta paga o con la sua sicurezza, ma solo con l’opposizione politica di Cgil e Uil al governo di centrodestra. Già, perché, e questo potrebbe essere un altro motivo valido per mandare all’aria la protesta, la lotta dura delle sigle contro la manovra che aumenta la precarietà, strozza i poveri, peggiora la Fornero e distrugge la sanità era stata annunciata ben prima che la finanziaria fosse scritta. Una spallata, diciamo così, sulla fiducia.
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Per bloccare uno sciopero sulla base di questi presupposti basterebbe trasformare in legge le proposte avanzate su Libero qualche tempo fa dal nostro direttore editoriale Daniele Capezzone. Pochi punti: proteste autorizzate solo se una maggioranza vera (con quorum e voto certificato) dei lavoratori le approva e divieto di incrociare le braccia nel settore pubblico di venerdì, di lunedì, nei prefestivi e nei postfestivi. In attesa che i suggerimenti dettati dall’evidenza dei fatti e dal buon senso trovino accoglienza, però, ci sono le leggi. E non leggi qualsiasi, ma quelle contenute in un documento in difesa del quale Maurizio Landini è sceso in piazza lo scorso 7 ottobre: la Costituzione italiana. No, non sono impazzito e non sto parlando del diritto alla mobilità, anch’esso sancito dalla Carta (art. 16). Mi riferisco proprio all’articolo 40, quello sul diritto di sciopero. Diritto sacro e inviolabile che però, si legge, «si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano».
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E siccome l’unica legge che regola lo sciopero è quella che riguarda i servizi pubblici essenziali (146/1990), è proprio sulla base di queste norme che la Commissione di garanzia ha invitato i sindacati a escludere alcuni settori dalla protesta e a rimodulare le ore di astensione dal lavoro per altri. Tecnicamente le obiezioni fanno riferimento al «mancato rispetto della regola della rarefazione oggettiva» e «al mancato rispetto della regola della durata massima della prima azione di sciopero». In soldoni, le proteste non si possono sovrapporre per non mettere a rischio la continuità dei servizi pubblici essenziali e i sindacati non possono partire direttamente con un bazooka senza aver prima provato con la fionda. Ci sono, però, alcune eccezioni. In particolare quelle che riguardano lo sciopero generale, dove alcune norme si allentano e alcuni vincoli si indeboliscono. Non tutti, però. Ed è qui che Landini & C sono finiti vittime della propria ingordigia. Come si può mettere a ferro e fuoco l’Italia per un mese con scioperi generali a raffica aggirando le regole sui servizi pubblici essenziali? Semplice, facendoli finti. Prima una Regione, poi l’altra, prima alcuni settori, poi altri.
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A questo punto sgombrate la mente dalle polemiche politiche, dagli affondi da Matteo Salvini, preoccupato più che altro di non paralizzare l’Italia che vuole lavorare malgrado la Cgil, dimenticate pure la spericolata solidarietà delle opposizioni ad un sindacato che vuole far casino a tutti i costi ed è disposto a farlo anche in violazione della legge, pagando multe salate coi soldi dei lavoratori. Qui c’è semplicemente la Commissione di garanzia che ha fiutato l’inganno: non siamo in presenza di scioperi generali, data la parzialità settoriale e geografica. Quindi, sulla base della Costituzione e della legge ad essa collegata, la protesta selvaggia per un mese di seguito non si può fare. Punto.
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