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Bologna, le Torri non reggono più? Simbolo del malgoverno della città

Simona Pletto
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Se n’era accorto già Dante, che quella torre bolognese pendeva troppo. Tanto da citarla nella Divina Commedia. Sono passati più di 900 anni dalla sua nascita, eppure solo adesso la sinistra sembra accorgersi del precario stato di salute del pinnacolo Garisenda, simbolo di Bologna (e anche un po’ italiano), insieme alla torre degli Asinelli. Ma anche simbolo di come il Pd mala-amministri il patrimonio cittadino. Sì, perché la torre bolognese, da sempre attrazione turistica di peso, adesso rischia di crollare e di mandare in tilt buona parte dell’indotto economico della città. Per sostenere la Garisenda, la torre più bassa e pendente che negli ultimi tempi sta oscillando più del solito, l’amministrazione comunale- capitanata dal sindaco Matteo Lepore- ha già bloccato il traffico attorno a entrambi i due monumenti del centro storico, in modo da ridurre le vibrazioni dovute al passaggio dei mezzi, e poter osservare con più precisione il reale livello di rischio a cui è sottoposta la torre.

LA CORSA - Insomma, ora si corre ai ripari adottando soluzioni drastiche dell’ultima ora che modificheranno la viabilità del centro cittadino, già interdetto agli autobus per evitare altri danni. Sono previsti lavori lunghissimi, che cambieranno anche le abitudini di vita dei cittadini e soprattutto dei negozianti, già sul piede di guerra per i mancati introiti che li attendono. Il calcolo è matematico, quanto la pendenza della torre: meno turisti è uguale a meno incassi. Insomma, il cuore di Bologna si prepara a giorni, mesi, forse anni, di caos. Questo nonostante il primo cittadino Lepore, in un sussulto sinistro d’orgoglio ecologista, abbia cercato di tranquillizzare i bolognesi spiegando che «questo problema può diventare una grande opportunità per chiudere al traffico il centro cittadino». Insomma, bisognava aspettare il crollo di una torre per modificare la viabilità?

 

 

Una cosa ora è certa: si è dormito un po’ e ora la torre Garisenda va messa in sicurezza. Sì perché negli ultimi mesi le segnalazioni provenienti dai sensori sono aumentate, rilevando vibrazioni e oscillazioni anomale. Gli effetti di questi fenomeni non sono palesi, perché causano movimenti di pochi millimetri nella struttura, ma restano significativi per un edificio così antico e delicato. Senza un regolare controllo e frequenti interventi di manutenzione e stabilizzazione potrebbero esserci prima il distacco di alcune parti della torre e poi, nella peggiore della ipotesi, il collasso dell’edificio.

Quindi adesso si sta progettando di intervenire prima con una cintura di protezione, alta fino a 4-5 metri, per le fondamenta. Poi úr staQ . con un cilindro metallico capace di sostenere 4mila tonnellate di peso in caso di crolli. Dopo aver incapsulato la “grande malata”, partiranno i lunghi lavori di consolidamento. Servono soldi, e subito. Il Governo da venti giorni spiega che 5 milioni di euro li mette lui. Il sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, giorni fa, parlando di una «opera opportuna», ha raddoppiato la posta a 10 milioni. E non basteranno. Il sindaco Lepore ha subito detto: «Ce ne vogliono altri», battendo cassa su Roma e dando il là a una piccola bagarre con il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano che, dopo aver convenuto la necessità dell’opera, ha voluto sottolineare che: «C’è stata una sottovalutazione: chi doveva monitorare e lanciare l’allarme, evidentemente si è mosso in ritardo». La domanda sorge spontanea: possibile che la sinistra, che a Bologna e in Emilia Romagna governa da sempre, quando c’è un problema, deve subito scaricare le colpe o farsi bella con i soldi degli altri?

Il Comune di Bologna adesso ha anche scritto all’Unesco per estendere la tutela dei portici, già patrimonio dell’organizzazione, alle due torri. Ma i tempi saranno lunghi. E anche Sangiuliano, con cui di recente Lepore ha comunque ribadito il «buon rappor-to di collaborazione», ha rincarato la dose: «Il consolidamento della Garisenda ._ poco ha a che fare con l’entrata nel patrimonio Unesco». Anche perché il proponente ha il dovere di mantenere in buono stato il bene che candida. Il monumento è del Comune e a norma del codice dei Beni culturali, gli spetta la tutela.

 

 

PINNACOLO - I problemi strutturali del pinnacolo, come detto, non sono certo una novità. La storica pendenza è legata a un antico cedimento del terreno di fondazione, che ne causò l’abbassamento agli attuali 48 metri nel 1353. L’altezza iniziale era infatti di 60 metri, ma la ripida pendenza rischiava di provocarne il crollo, così, per evitarlo, venne decapitata di 12 metri. Meno di un secolo prima, il comune di Bologna ne aveva ordinato la demolizione per paura di un cedimento, ma non avendo i soldi per acquistarne la proprietà dai Garisendi dovette lasciarla al suo posto.

Intanto a Roma i dubbi sulla prontezza di risposta del Comune di Bologna restano tutti. «Più che di ritardi, però, parlerei di anticipo», ha ribadito Lepore, in missione a Tokyo con il Teatro comunale bolognese. «Mi sono assunto le responsabilità, ho attivato la Protezione civile e il monitoraggio giornaliero», si è giustificato, aggiungendo: «Ho impostato un piano di salvaguardia e di restauro, chiamato la ditta per metterla in sicurezza. Insomma, ho ascoltato le voci più preoccupate del comitato, che non ha una posizione univoca sul tema».
Al di là delle polemiche, con botta e risposta anche tra Pd («Parole inaccettabili, quelle di Sangiuliano»), Governo (la sottosegretaria bolognese Lucia Borgonzoni conferma come «la questione Unesco è un modo per distogliere l’attenzione dalla poca celerità nell’intervenire da parte del Comune») e centrodestra locale, di sicuro il cantiere Garisenda causerà un bel problema al traffico del capoluogo emiliano con un crollo del turismo.

E mentre si aspetta la relazione finale del comitato tecnico-scientifico, ci si prepara a chiudere il centro storico come unica soluzione. Per capire le ripercussioni, immaginate quali conseguenze avrebbe l’indotto economico a Pisa se venisse interdetto il monumento ai turisti.
Milioni buttati al vento. Ciò che si teme accadrà a Bologna. 

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