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Bologna, choc al corteo pro-Palestina: "Rivedrete Hitler all'inferno"

Tommaso Montesano
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La bandiera di Israele bruciata. Il cartello che inneggia a un nuovo genocidio per gli ebrei («rivedrete Hitler all’inferno»). La stella di David equiparata a una svastica. L’invito a tenere pulito il pianeta gettando il vessillo dello Stato ebraico nel cestino della spazzatura. I toni, e i contenuti, delle manifestazioni andate in scena a Bologna - domenica scorsa e il 12 ottobre- aprono il caso dei cortei che solidarizzano con la causa palestinese. Finora la linea del Viminale è stata chiara: nessun divieto. A patto che si resti nella legalità. Nel senso: che nelle piazze non si inneggi all’odio razziale. «Se si tratta di manifestazioni in favore della libertà della Palestina e dello Stato palestinese perché vietarle?», ha ribadito il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

REATI DA PERSEGUIRE
Il problema è che queste iniziative, ufficialmente convocate a sostegno della lotta del popolo di Gaza e Cisgiordania, spesso sfociano in marce dove si inneggia ad Hamas. Come riconoscono, imbrazzati, gli stessi organizzatori. Sara, una 30enne algerina che domenica guidava il corteo pro Palestina in piazza Maggiore, dal palco ha provato senza esito a riportare l’ordine: «Torno a dirlo, questa piazza è per la Palestina. Dobbiamo stare dalla parte giusta, che è quella della pace; non potete fare segno di no con le dita! Non potete sostenere Hamas!». Nel peggiore dei casi - come testimonia il cartello che evoca Hitler alzato nel corso di un corteo lungo via Indipendenza e pubblicato ieri sui social dalla onlus stopantisemitism.org - mentre si sventolala bandiera palestinese ci si augura un nuovo Olocausto. Così Tajani avverte: «Se si parla di manifestazioni in cui si inneggia alla violenza o contro il popolo ebraico, quelle non possono essere autorizzate».

 


Il nodo, dal punto di vista dell’ordine pubblico, è che alle singole questure la richiesta a manifestare non avviene certo in nome della solidarietà ai terroristi di Hamas. Ma le maglie, visto quello che sta succedendo ormai ogni giorno, si possono comunque stringere, come ricorda il senatore - bolognese - di Fratelli d’Italia Marco Lisei, che su quanto successo due giorni fa ha annunciato il deposito di un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi: «Queste manifestazioni hanno contenuti preoccupanti, in violazione della legge Mancino. Incitano all’odio razziale, contro Israele, e all’antisemitismo».

 

Da qui la richiesta al numero uno del Viminale per sapere se i responsabili di quei gesti di discriminazione nei confronti di Israele siano stati identificati, se in cortei come quello di domenica scorsa non si ravvisino reati e se, soprattutto, non si ritenga di negare l’autorizzazione a simili manifestazioni. A Bologna c’è il fronte più caldo. Sia per la presenza delle frange più estremiste dei Collettivi, sia per il radicamento delle realtà anarchiche. Ma anche a Milano, ad esempio, sabato scorso si è andati oltre, tanto che Marco Carrai, console onorario di Israele per Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna, oggi presenterà in procura, tramite il suo avvocato, «una denuncia per apologia di terrorismo. Non possiamo permettere che si dica “liberateci, così andiamo a prenderli casa per casa e uccidiamo gli ebrei”».

 


ASSEDIO A ROMA
Adesso l’attenzione si sposta sugli appuntamenti del fine settimana. A Roma in programma ce ne sono due. Il primo ci sarà venerdì 27, promosso da Amnesty International cui ieri hanno aderito la Cgil di Roma, l’Anpi e l’Arci. «Israele ha una lunga storia di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità», recita il comunicato congiunto con il quale le tre sigle hanno aderito alla mobilitazione. Quel giorno analoghe manifestazioni sono previste in altre città italiane. Il giorno dopo toccherà alla sinistra antagonista, che si ritroverà a piazza di Porta San Paolo alle ore 15 per poi muovere verso piazza San Giovanni. La piattaforma chiede la liberazione dei palestinesi «dal giogo coloniale israeliano», «lo smantellamento delle colonie, dell’occupazione e del regime di apartheid».

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