Caivano, "ti dobbiamo parlare": minacce col megafono a Don Patriciello
Lui spegne i fuochi, un sacerdote perdona tutti per fede e vocazione. Ma quanto accaduto l’altra sera a Caivano è un ulteriore segnale di degrado. La protesta femminile – persino la donna di un boss accusato di camorra – contro padre Maurizio Patriciello lascia molti a bocca aperta. Sembrava una scena da film, di quelli che ogni tanto capita di vedere la sera in tv. Con le donne come piatto forte del programma e con il sacerdote sotto attacco come se fosse il responsabile della presenza dello Stato. E proprio questo pare il problema. Violenza? No, anche se proseguono quelle “stese” – le pistolettate per aria a impaurire i cittadini dentro casa - è il clima di intimidazione ciò che si avverte. Da quando si è fatta più forte la presenza istituzionale – dalla visita della presidente del Consiglio Giorgia Meloni in avanti – per la criminalità organizzata il clima si è fatto più complicato. La gestione degli affari sempre più difficile. E padre Maurizio non è certo dalla parte dei banditi.
Giovedì sera la tensione si è fatta sentire. Il rumore delle voci da un megafono, “prete, ti dobbiamo parlare”. Erano donne, radunate al Parco Verde di Caivano, davanti alla Chiesa. Il megafono serviva per richiamare gli abitanti del rione, “scendete in strada”, per avere più forza nel momento dell’agognato colloquio con don Patriciello. Pretendono solidarietà di clan... E persino con tanto di minaccia di occupare la parrocchia se il sacerdote di fosse rifiutato di dialogare. Ma di che vuoi dialogare se poi arrivano le minacce... Il parroco ha parlato con loro, poi il colloquio si è interrotto proprio per l’atteggiamento offensivo di alcune donne. Sono dovuti arrivare i carabinieri della compagnia di Caivano e le hanno identificate prima che si allontanassero. Con tanto di sgradita sorpresa: alla richiesta di documenti ha risposto anche Angela Iaccarino, moglie di Antonio Andreozzi, uomo ritenuto dagli inquirenti contiguo al clan Ciccarelli. Il cerchio si chiude. Il titolo del film è la camorra contro don Maurizio.
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Ma perché la protesta, e poi contro la Chiesa? Probabilmente a Caivano quelli che non si inchinano di fronte alla legge vedono in don Patriciello il soggetto da far muovere per fermare le pressioni, ma hanno sbagliato persona. Tanto più che in discussione pare ci sia il censimento delle abitazioni, per verificare quali sono occupate abusivamente probabilmente proprio su ordine della camorra, una indagine che va avanti da mesi. La situazione delle case popolari a Caivano è esplosiva. Molti degli alloggi oggetto del censimento dovevano essere provvisori e, invece, sono in piedi dall'85, anno in cui furono assegnate le case popolari per i terremotati del sisma che colpì l’Irpinia nell’80. Oggi le case sarebbero in capo al Comune (al momento guidato da una commissione di prefetti, dopo lo scioglimento dell’ente per infiltrazioni camorristiche). Ci sono, infatti, i legittimi assegnatari di quelle case, ma anche chi «negli anni è andato via, lasciando la casa a qualcun altro, magari in cambio di qualcosina di soldi», afferma don Patriciello all’agenzia LaPresse. Il problema reale è che «l’errore è stato commesso nel momento in cui queste persone sono andate al Comune - e parliamo di situazione protratte nel tempo- e lì è stata concessa loro la residenza, in quelle case, anche se non ne avevano i requisiti».
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Così convivono, all’interno di una situazione abitativa precaria, le due anime del Parco Verde: «Chi vive di lavori precari ed è povero e i malviventi che hanno fatto incetta di quelle case popolari, approfittando della situazione». Case fatiscenti, casermoni di cemento che, negli anni, difficilmente hanno visto lavori di manutenzione e che sono state per lo più “sistemate” da chili abita «spendendo soldi di tasca propria, ma che, nei fatti, non sono proprietari» di quegli immobili. È che si era abituati a fare come il topo che balla perché il gatto non c’è. Ora è arrivato lo Stato e quindi si deve ripristinare la legalità. Che non tutti mostrano di gradire a Caivano. Ma ormai la delinquenza deve chinare la testa. Il traffico di droga va stroncato e ogni giorno ci sono arresti. Ma è in generale la legalità che deve essere riportata a Caivano. Non può esistere una zona franca rispetto allo Stato. Neanche lì. «Da più di 30 anni sono parroco al Parco Verde», si è sfogato il sacerdote in un’audizione al Senato: «Mi chiedo come sia stato possibile creare da parte dello Stato quartieri come il Parco Verde. Non ci vuole molto per capire che questi quartieri avrebbero portato a questi frutti. Chi li ha pensati meriterebbe la galera. Hanno ammassato in quartieri poveri le popolazioni povere dopo il terremoto del 1980. Abbandonarli a loro stessi è stata una tragedia immane di cui nessuno può lavarsi le mani».