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Strage di Mestre, un risvolto agghiacciante: come identificano i morti

Simona Pletto
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Un malore, un colpo di sonno, una fatale distrazione dell’autista prima dello schianto. Oppure un guasto al mezzo, un problema ai freni. All’indomani della terribile tragedia dell’autobus di Mestre, resta aperto il ventaglio delle ipotesi. Si cercano le cause di quel volo mortale dal cavalcavia della Vempa che collega Mestre a Marghera, costato la vita a 21 persone, tra cui un neonato e una bambina 12enne. Quindici i feriti ricoverati, quattro ancora gravi, e tra questi una bambina in rianimazione che ha perso mamma e papà.

Gli inquirenti non escludono nessuna pista. Nel mirino della Procura di Venezia, che ha aperto un fascicolo per omicidio plurimo stradale, c’è anche il guard rail, forse “non all’altezza”, che martedì sera alle 19.38 ha ceduto sotto il peso delle 13 tonnellate dell’autobus, facendolo precipitare nel vuoto per una quindicina di metri. Testimoni raccontano di aver visto il pesante mezzo sbandare e fare una manovra «eccesisva e impropria», cosa confermata anche da un video circolato ieri e che avvalorerebbe l’ipotesi di una circostanza improvvisa e incontrollabile. Peraltro, dopo la strage si sono accese polemiche anche sul bus elettrico di ultima generazione - modello Yutong E12 che ha preso subito fuoco, e la cui carcassa ieri all’alba è stata rimossa e “parcheggiato” in un luogo isolato, proprio perché le batterie al litio potrebbero di nuovo prendere fuoco.

 

 

L’ipotesi che sembra più plausibile è comunque quella che il conducente, il 44enne trevigiano Alberto Rizzotto, un autista descritto da tutti come esperto e attento, in attività da sette anni e dipendente di Martini Bus Srl, società che aveva noleggiato il mezzo alla “La Linea” la quale aveva il contratto di trasporto per i turisti del campeggio in gita a Venezia, l’ipotesi, dicevamo, è che l’autista abbia avuto un malore e abbia perso il controllo del mezzo. Rizzotto aveva preso servizio 90 minuti prima, circostanza che ha portato ad escludere che sia stato colto da un colpo di sonno. “Shuttle to Venice” (“navetta per Venezia”), così aveva scritto nel suo ultimo post su Facebook, pubblicato solo un’ora prima della tragedia. La procura ha disposto, oltre all’autopsia sul corpo di Rizzotto, gli esami tossicologici ed il test di alcolemia. Un atto dovuto.

Non si esclude come detto l’ipotesi di un guasto. Secondo un’altra testimone, dal bus elettrico precipitato dal cavalcavia uscivano già fiamme mentre stava salendo la rampa - ma queste affermazioni non hanno trovato per ora riscontro. Il pullman ha strisciato più volte sul guard rail prima di precipitare, e questo farebbe pensare per esempio a una precedente manovra errata per distrazione, o all’esplosione di una gomma.

Emerge inoltre che è stato l’autista di un altro bus il primo a dare l’allarme, sfiorato dal mezzo prima che precipitasse, e dopo che aveva anche lanciato un suo estintore verso il pullman precipitato.

 

 

Il bus dell’incidente era stato inaugurato l’ottobre scorso. Lo sottolinea Massimo Fiorese, amministratore dell’azienda che aveva curato il servizio di trasporto dedicato tra Venezia e Marghera per i turisti del vicino camping. La procura ha disposto il sequestro delle batterie al litio e anche del guard rail. Il procuratore Bruno Cherchi, facendo il punto sull’incidente, ha precisato: «Non ci sono segni di frenata, né elementi che facciano pensare a contatti con altri mezzi». E ha chiarito: «Non si è verificato alcun incendio», forse riferendosi proprio a eventuali fiamme prima del volo. E ancora: «C’è stata una fuoriuscita di gas probabilmente dalle batterie di litio, ma stiamo facendo tutti gli accertamenti». Cherchi ha anche spiegato che l’identificazione delle vittime risulta complicata, per cui si potrebbe dover fare ricorso all’esame del Dna. Fino a ieri erano sette quelle identificate.

Proprio sulla rampa in discesa del cavalcavia della tragedia, il Comune di Venezia un mese fa ha avviato lavori di manutenzione che costeranno oltre 6 milioni. «Nel progetto di rifacimento del cavalcavia è compreso anche un nuovo guard rail», ha chiarito l’assessore comunale ai Trasporti Renato Boraso. E in effetti la protezione era alta 60 centimetri, dunque non adeguata alla normativa europea che li prevede più alti, ma non fuori legge perché costruita prima del 1992. Resta un quesito a cui si dovrà rispondere: un parapetto più alto avrebbe evitato la tragedia? I 36 turisti che si trovavano a bordo del bus (ucraini, tedeschi, spagnoli, austriaci, croati), per lo più giovani, stavano rientrando tutti da una gita a Venezia ed erano diretti al campeggio di Marghera. Dovevano essere in 16 su quell’autobus della morte. Ma il tragico destino ha voluto che vi salissero altri 20 turisti. Il presidente della Regione Luca Zaia ha disposto tre giorni di lutto. 

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