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Covid, "indossare la mascherina": dove la psicosi dilaga a tempo record

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Massimo Sanvito
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Nemmeno il tempo di registrare la fisiologica - sai com’è, l’estate sta finendo e ci riavviciniamo all’autunno - risalita dei contagi covid e i presidi si affrettano a seminare il panico tra i corridoi delle scuole. E la prima campanella non è ancora suonata...

L’invito a professori e bidelli è fin troppo chiaro: evitare gli assembramenti degli alunni, soprattutto nei primi giorni. «In molte scuole, poi, a chi lo chiederà distribuiremo le mascherine utilizzando le tantissime scorte che ci furono date durante la fase critica della pandemia. Stessa cosa avverrà con il gel disinfettante», ha annunciato Mario Rusconi, dell’Associazione Presidi. Specificando che «l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale è consigliato a docenti e alunni con fragilità».

Nulla di obbligatorio, sia chiaro, ma è altrettanto evidente che parole del genere sortiscano un unico effetto: allarme. C’è spazio anche per un appello «agli enti affinché siano più solleciti nei lavori di ristrutturazione negli istituti scolastici: avere classi con 27-28 alunni, in ambienti non grandi, non può che favorire la trasmissione di qualsiasi virus». Secondo Rusconi, per tenere alla larga il covid, sarebbe «prezioso» riprendersi «quegli spazi oggi adibiti ad appartamenti dove spesso vivono figlio nipoti di bidelli oramai morti».

Eppure, la paura non ha motivo di esistere. E a spiegarlo sono esperti e scienziati di caratura internazionale. «Evitiamo allarmismi. Noi adesso abbiamo gli strumenti per la tutela e in questo momento sono sufficienti», ha detto il direttore generale della programmazione del Ministero della Salute, Francesco Vaia. «Non ci soprende che i contagi siano in risalita, perché così come per l’influenza l’arrivo dell’autunno e poi dell’inverno contribuisce a ciò. Vale dunque il motto ecclesiastico di “essere preparati”: dobbiamo pensare ai più deboli, ai pazienti che seguono terapie autoimmuni, ai malati di cancro, agli immunocompromessi, agli anziani», spiega a Libero Alberto Mantovani, presidente di Fondazione Humanitas per la Ricerca, presente all’evento “Il tempo delle donne” promosso dal Corriere della Sera. 

Anche secondo il direttore dell’Istituto Mario Negri, Giuseppe Remuzzi, l’aumento dei contagi «non preoccupa perché si tratta di una malattia che non sembra essere grave». Le anticipazioni sugli studi che riguardano la nuova variane Eris, del resto, sono ancora allo stato embrionale. «È stato scritto e detto che questa forma potrebbe colpire di nuovo i polmoni ma il dato viene da un dato sperimentale sui criceti che non è detto si applichi all’uomo. E il lavoro non è ancora pubblicato quindi non possiamo dire se effettivamente è così: le informazioni che abbiamo da studi sull’uomo è che dovrebbe essere una forma relativamente lieve», ha sottolineato Remuzzi. Chiaramente, poi, dipende tutto da vaccinanzioni, età e patologie associate. E proprio sui sieri Mantovani avverti: «Insieme dobbiamo vaccinarci contro la stanchezza vaccinale. Pensiamo al fatto che le persone anziane si vaccinano in modo insufficiente contro l’herpes e contro lo pneumococco: molti dei morti che abbiamo ogni anno associati a influenza sono in realtà da infezione con pneumococco».

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