Reddito di cittadinanza ai mafiosi: il caso che sotterra i grillini
«Cancellare il Reddito di cittadinanza espone al ricatto del welfare mafioso». Chi, per legge, non ha più diritto al sussidio finirebbe diritto diritto nelle braccia della mafia. Per colpa, è il sottinteso, del governo che lo avrebbe lasciato privo del sussidio e dunque dell’unico mezzo di sussistenza. A sostenerlo, ieri, è stato Giuseppe De Marzo, responsabile politiche sociali di Libera, associazione che da decenni combatte contro la mafia. E De Marzo ha chiesto al governo di «ritirare il provvedimento con cui cancella il reddito di cittadinanza» così che «possa essere ripristinata una misura di intervento sociale che, pur con i suoi limiti e le sue problematicità, ha dimostrato la sua utilità nel contrasto a disuguaglianze e mafie».
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Un ragionamento, quello di De Marzo, che sono in molti a fare al Sud, persino - off the records - molti amministratori locali. Il Reddito di cittadinanza toglierebbe “manovalanza” alla mafia o alla camorra e in ogni caso sarebbe, anche per chi è “occupabile”, sano e senza figli a carico, l’indispensabile pilastro. Un argomento che dà per scontato che al Sud - o almeno in alcune parti del Sud - le persone in grado di lavorare e senza minori a carico non possano trovare un lavoro legale. Né ora, né mai. Né possano averne diritto. O le assiste lo Stato o lo mafia. Tertium non datur. Non si chiede, non si pretende, un lavoro. Non si chiede che il Sud rinasca. Si chiede un sussidio. Dallo Stato o dalla mafia.
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I CASI
In tutto questo, si dimenticano le centinaia di casi, documentati da procure e Guardia di finanza, di boss mafiosi, camorristi, affiliati o parenti, trovati a percepire il Reddito di cittadinanza, ovviamente in barba alla legge (che lo vieterebbe). Eppure, da quando il sussidio è stato introdotto, la cronaca si è riempita di vicende simili. La letteratura è infinita. Ne ricordiamo qualcuna. L’ultimo, in ordine di tempo, è il caso emerso ai primi dello scorso gennaio, con un blitz dei carabinieri di Napoli che, su mandato del tribunale di Torre Annunziata, hanno sequestrato in tutta la zona vesuviana beni a camorristi che, si è scoperto, percepivano il Reddito di cittadinanza. Persone affiliate o vicine ai clan D’Alessandro, De Luca Bossa-Minichini, IV Sistema, Batti, Di Gioia-Papale.
Pochi giorni fa, invece, a Palermo, sono stati sequestrati più di 200mila euro (ovvero le somme che avrebbero percepito indebitamente con il Reddito di cittadinanza) a persone con precedenti per droga, per mafia, alcuni già condannati in via definitiva e detenuti. E di ieri è la storia che viene da Cefalù, dove i carabinieri hanno denunciato alla procura di Termini Imerese 117 persone, tra cui pregiudicati per mafia, per truffa ai danni dello Stato: anche loro percepivano il Reddito di cittadinanza senza averne i requisiti. E che dire della truffa da 3 milioni di euro scovata nell’aprile dello scorso anno a Catania: 389 persone, tra cui 191 con precedenti penali anche per reati di mafia, percepivano illegalmente il Reddito di cittadinanza. E di 900mila euro è il tesoretto accumulato con gli assegni del Reddito di cittadinanza da 109 indagati, nelle province di Bari e Barletta-Andria-Trani, tra cui condannati per mafia o familiari di pregiudicati per reati mafiosi. Boss della mafia di Anzio e Nettuno, si è scoperto, hanno per mesi ritirato il sussidio, per migliaia di euro sottratti allo Stato. Fino agli assassini di Willy Monteiro Duarte, il ragazzo ucciso a Colleferro, Marco e Gabriele Bianchi e a svariati loro familiari. Tutti quanti percettori del Reddito di cittadinanza.
La lista è infinita, riguarda tutta Italia e accompagna la storia di questo sussidio. Ma non c’è dubbio che la criminalità organizzata mafia, camorra o ’ndrangheta - è stata spesso destinataria del sussidio. Da liberi o nel carcere, da pregiudicati o da condannati, direttamente o tramite i familiari. Il Reddito se lo sono intascato anche i criminali. E non in casi isolati, come dimostrano le centinaia di inchieste degli ultimi anni.
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