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Vittorio Feltri all'attacco: "Pestato dal figlio di un'anziana, ha ragione Bertolaso"

Guido Bertolaso

Vittorio Feltri
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Essendo membro della Commissione III, che si occupa di Sanità, all’interno del Consiglio regionale lombardo, ho avuto modo di ascoltare a fondo i motivi che rendono la professione medica, in particolare quella svolta all’interno dei pronto soccorso, così poco attrattiva, tanto che, stando a quello che raccontano i primari nel corso delle audizioni nonché ai dati, che sono inconfutabili, si è costretti ad assumere medici specialisti magari faccio un esempio - in oculistica per trattare la medicina d’urgenza, i cui corsi di specializzazione peraltro vanno oramai deserti. E questo è un gigantesco problema.

Ne consegue che, ovviamente, un dottore non specialista non è in grado di fare una diagnosi tempestiva, talvolta salvifica, cosa che invece è richiesto e di cui sono capaci coloro che sono formati proprio per il primo soccorso. Il tutto si inserisce in una cornice caratterizzata da una generale carenza di personale, dunque da organici sempre più assottigliati, liste di attesa per visite sempre più lunghe e snervanti, dall’uso di non retribuire gli straordinari, che genera ulteriore stress e malcontento nel medico. Inevitabili la disaffezione nei confronti del mestiere e le fughe dei medici all’estero, dove si lavora meno e si viene pagati di più.

 

 

Tuttavia una delle cause fondamentali che distolgono i medici dall’impegno nei pronto soccorso, dove il clima è sempre più teso, risiede proprio nelle continue aggressioni da parte dei familiari dei pazienti. Quindi non trovo affatto esagerata la provocazione lanciata dall’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Guido Bertolaso, dopo essersi recato a trovare il medico che a Milano ha subìto una frattura al femore per essere stato picchiato dal figlio di un’anziana paziente poiché egli si rifiutava di dimettere la donna, consegnandola al congiunto, senza documenti, così come prevedono del resto le procedure. Bertolaso ha dichiarato che, se il governo non accoglierà la richiesta di schierare l’esercito a presidio delle unità di pronto soccorso, «chiuderemo i pronto soccorso e manderemo i malati a farsi curare presso i commissariati». Parole forti ma che esprimono bene un sentimento generale di frustrazione e di esasperazione di tutto il personale medico. Bertolaso propone in alternativa l’assunzione di vigilantes negli ospedali.

E io stesso sostengo questa idea, in quanto è dovere delle istituzioni garantire la sicurezza di cittadini che, con grandi sacrifici, dalla mattina alla sera sgobbano per tutelare la salute e persino salvare la vita ad altri cittadini. Insomma, non è ammissibile che un medico in reparto rischi quotidianamente di ritrovarsi le ossa rotte o fratturate e di essere pestato a sangue. 

 

Ci dimentichiamo che i medici sono persone e non macchine. E questo forse dipende anche tanto dal progressivo scollamento della figura del medico da quella del paziente, dall’assenza di comunicazione diretta, dall’uso sempre più diffuso di digitalizzare e quindi sterilizzare e raffreddare ogni cosa, anche una relazione così importante come quella tra dottore e assistito.
Forse ci stiamo disumanizzando e in questo processo persino un operatore sanitario posto al servizio della gente, il quale per di più ha una esistenza sempre più complicata, viene percepito come un nemico e non come un riferimento, come un ostacolo e non come un aiuto. Predominano, non soltanto sulle strade, prepotenza, volontà di sopraffazione, desiderio di vendetta, anzi di sfogare sul primo malcapitato la propria rabbia personale o sofferenza. E il medico è lì, a disposizione, alla mercé di chiunque. L’urgenza massima ora è proteggerlo. 

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