Gli orientali vennero in Puglia nel 200 d.c.
A quell'epoca i rapporti fra abitanti di paesi stranieri erano più vivi che mai
Suona strano pensare che centinaia di anni fa genti provenienti da mondi tanto lontani potessero venire in contatto fra loro. E invece un ritrovamento avvenuto in Puglia prova che anche nell'antichità i rapporti fra abitanti di paesi stranieri erano più vivi che mai. I resti di un orientale, risalenti al 200 d.C., sono stati, infatti, trovati in una necropoli di Vagnari, un centro a dodici chilometri da Gravina, nel barese. Le analisi del Dna mitocondriale e della distribuzione dei diversi isotopi dell'ossigeno, effettuati da scienziati canadesi della McMaster University, parlano di uno scheletro appartenuto a un uomo di origine cinese o mongola. Non era, però, una persona importante, ma un comune lavoratore, forse addirittura uno schiavo: nella sua tomba è stata rinvenuta una pentola, per assicurargli il viaggio nell'aldilà, ma null'altro che possa far pensare a una personalità di un certo rango. Su questo aspetto gli scienziati si soffermano, dicendo che i lunghi spostamenti erano una prerogativa degli uomini importanti, ambasciatori o dignitari, ma non delle persone comuni. Il ritrovamento dell'uomo di Vagnari prova, dunque, che le relazioni fra occidente e oriente cominciarono molto prima di quanto si sospettasse. Raoul McLaughlin, della Queen's University, dice che questa è una delle poche prove a favore delle antiche relazioni fra romani e cinesi. E ipotizza l'origine dell'uomo di Vagnari. Forse era figlio di una concubina offerta alla corte romana da qualche re asiatico o un rappresentante dei Seri, etnia che lasciò per breve tempo la Cina per far visita all'imperatore Augusto. La ricerca pubblicata sul 'Journal of Roman Archeology' rivela che il 20% degli scheletri rinvenuti nelle tombe di Vagnari era straniero. La necropoli di Vagnari è stata scoperta nel 2002, e finora ha dato alla luce i resti di 70 persone vissute 2mila anni fa. Gianluca Grossi