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Vaticano, "tutto il 30 settembre": la data che stravolgerà il Vaticano

Francesco Capozza
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Nessun fulmine a ciel sereno. Che Papa Francesco potesse indire anche nel corso del 2023 un Concistoro per creare nuovi cardinali, era pressoché convinzione unanime di tutti gli analisti e delle gerarchie vaticane. Anzi, c’era chi si aspettava lo sciorinar di porpore già entro la prima parte dell’anno, ma il ricovero per l’operazione al Gemelli del mese scorso ha fatto slittare molti impegni dell’agenda papale. D’altronde, quello annunciato ieri mattina - e fissato per il prossimo 30 settembre - è niente meno che il nono Concistoro di Papa Francesco. In pratica, Bergoglio da quando è Pontefice ha rimpolpato il collegio cardinalizio di sue creature una volta all’anno, fatta eccezione per il 2021 a causa delle restrizioni post-pandemiche e di un altro intervento chirurgico. A nove creazioni in epoca recente era arrivato solo Giovanni Paolo II, ma in un arco temporale di 27 anni.

 


L’ELENCO DEI PORPORATI
Ed eccoli, quindi, i 21 nuovi Principi della Chiesa, dei quali ben 18 vanno ad accrescere il numero degli elettori: tre provengono dalla Curia romana e sono prefetti di importantissimi dicasteri: Robert Francis Prevost di quello per i vescovi, Claudio Gugerotti, del Dicastero per le Chiese orientali e Victor Manuel Fernàndez, fresco di nomina al vertice della Dottrina della Fede. Due i diplomatici: Emil Paul Tscherring, nunzio apostolico in Italia e Christophe Louis Yves Georges Pierre, nunzio apostolico in Usa. Oltre a Gugerotti, nome abbastanza sconosciuto appena fuori le Mura, l’altro nuovo cardinale elettore italiano è Pierbattista Pizzaballa, che tuttavia è un presule residente all’estero, essendo il patriarca latino di Gerusalemme.

L’elenco prosegue con le nuove porpore assegnate a vescovi titolari di diocesi, ma solo straniere: ecco quindi africani, sudamericani, asiatici (tra questi spicca l’arcivescovo di Hong Kong, Stephen Chow Sau-Yan). Pochissimi i presuli europei premiati stavolta con la porpora, a parte il titolare di Madrid e l’ausiliare di Lisbona.
Niente berretta per la Germania, la Francia dovrà accontentarsi di quella per il vescovo di Ajaccio e l’America del nord tutta resta addirittura al palo. Ma soprattutto, anche questa volta, i titolari delle maggiori diocesi italiane restano fuori dal novero dei partecipanti del prossimo Conclave, così come milioni di italiani senza la soddisfazione di avere in città un cardinale com’è sempre stato. Milano, Torino, Genova, Venezia, Napoli, Palermo, Catania, Cagliari sono tutte diocesi che Bergoglio ha deciso da tempo di privare della porpora, interrompendo di fatto una tradizione storica rispettata da tutti i suoi predecessori.

Non c’è da stupirsi però, chi negli anni ha approfondito la personalità e il modo di governo del Papa argentino ha ormai ben chiaro quali sono le sue strategie per il futuro. La volontà di plasmare a propria immagine e somiglianza il purpureo consesso che dovrà eleggere il prossimo papa si evince anche da alcuni dati: con i 21 nuovi innesti, le berrette imposte in dieci anni da Bergoglio salgono a un totale di 142, 113 a cardinali elettori e 29 a non elettori.

 


LIMITE SUPERATO
Altra pratica che Francesco usa con frequenza per far posto alle sue truppe nel Senato più esclusivo del pianeta è quella di “strabordare”, inteso in senso numerico. Con quest’ultima infornata cardinalizia il numero dei cardinali elettori (ha diritto di eleggere il Papa solo colui che nel momento in cui la Sede diventa Vacante non ha ancora compiuto 80 anni) salirà a 136, ben 16 unità oltre il limite di 120 stabilito da Paolo VI e confermato dai suoi successori. In buona sostanza, anche se i seggi disponibili talvolta scarseggiano, Francesco tira dritto. Non è infatti la prima volta che sfonda il tetto numerico fissato: nel 2015 e nel 2018 aveva portato gli elettori a 125, con i concistori del 2019 e del 2020 a 128 e con quello dello scorso anno era arrivato a 132 cardinali potenzialmente pronti all’ingresso in Sistina. Stavolta anche il record del 2022 è stato battuto.

È anche vero che ogni anno spengono le 80 candeline almeno una decina di eminentissimi, liberando così il loro ambito seggio sotto al Giudizio michelangiolesco, ma stavolta per tornare sotto la fatidica soglia imposta da papa Montini bisognerà aspettare quasi un paio d’anni. Il fattore numerico, sommato a quello anagrafico, è fondamentale per capire che con le creazioni del prossimo 30 settembre il collegio elettorale che nominerà il futuro Pontefice è ormai pressoché delineato e lo è esattamente come l’aveva immaginato Francesco fin dall’inizio del suo ministero: meno Italia possibile tra i suoi ranghi, fuori i conservatori e i ratzingeriani, dentro le chiese più povere e sconosciute del pianeta. La missione è compiuta, il Collegio cardinalizio è plasmato, non resta che affidarsi allo Spirito Santo!

 

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