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Portofino, ecco "via Silvio Berlusconi": che lezione a Beppe Sala

Renato Farina
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La notizia dovrebbe essere questa. Portofino è la prima città a dedicare una strada a Silvio Berlusconi, con il cui nome la giunta comunale della perla del Tigullio ha stabilito di battezzare la passeggiata, dove la vista si perde nella bellezza dell'insenatora, che da villa dell'Olivetta scende verso la piazzettaLa cerimonia sarà il 29 settembre, giorno in cui l’ex premier avrebbe compiuto 87 anni.

Il sindaco Matteo Viacava ha inoltrato domanda al prefetto di Genova Renato Franceschelli per ottenere la deroga al divieto – come da legge del 23 giugno 1922 n.1188, articoli 2 e 3, e successivi decreti e circolari regolanti la toponomastica nazionale- della «intitolazione di scuole, aule scolastiche, vie, piazze, monumenti e lapidi a persone che siano decedute da meno di dieci anni», salvo particolari meriti. La deroga è scontata.

Tanti ricordi sono lì legati a Berlusconi: conosceva tanti per nome, e lì gli tese, nella primavera del 1981, un favoloso agguato Ennio Doris che con atto di gentile pirateria gli sottopose la proposta di diventare soci in una banca del nuovo tipo, e Mediolanum fu. Ha ragione il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, ad applaudire il primato di Portofino nell’intestarsi e ricambiare l’amore del Cavaliere.

 


ORIGINI - La notizia dovrebbe essere questa, però non è questa, ma un’altra. Portofino batte Milano. Milano è fuori gara. Com’è possibile? Vero è che a Portofino Silvio adorava passeggiare, cicalava con camerieri e pescatori. E chi non subirebbe l’incanto dell’azzurro e dei profumi, del firmamento e dei suoi riverberi, del promontorio e della piazzetta, di Portofino cioè? Certo, come no. Bravi i portofinesi, gente capace di gratitudine, e pure bravi a investire sulla memoria di una predilezione. Ma vuoi mettere il rapporto tra Silvio e Milano? Vuoi mettere la città dove uno è nato, è cresciuto in viale Zara, uno dell’Isola, ha visto da bambino i bagliori dei bombardamenti, vissuto le prime amicizie e i primi amori. E poi tutto, ma proprio tutto il resto. Il biscione è visconteo, milanesissimo. Silvio non ha spostato la residenza ad Arcore, l’ha mantenuta a via Rovani, in una dimora che più milanese non si può. Ha inventato tutto a Milano, ha pianto la morte del padre e della madre, della sorella, e a Milano si è spento.Perché allora Milano, attraverso il sindaco che la rappresenta, non si è ancora mossa?

ODONIMI
I nomi della strade – odonimi – sono importanti. Perché si è fatta soffiare l’occasione di essere sé stessa, grande e magnanima (che vuol dire coraggiosa, che se ne infischia dei fischi degli idioti), con un’anima sovra-politica, superiore ai teatrini di chi alza la manina a dire sempre no. Li conosciamo i dibattiti utili come alibi per dire no. È accaduto per la strada da intestarsi a Bettino Craxi. Per i vent’anni dalla morte persino il sindaco Beppe Sala propendeva per onorarne la grandezza proiettata nella storia, salvo poi demandare a una discussione in Consiglio comunale il da farsi, cioè niente.

Una seduta, il 3 febbraio 2020, dei cui risultati nulli poi si disse dispiaciuto, ma intanto non ci era andato neanche. Sappiamo come andrebbe se Sala chiedesse un parere consiliare. Il Consiglio sancirebbe a maggioranza che non se ne parla neppure, perché Berlusconi era un pregiudicato e fu “divisivo”, che parola magica. Quante palle. E Garibaldi no? E Mazzini? Qualunque grande - salvo i dittatori nel periodo della loro dittatura, ovvio – è stato divisivo e quasi sempre pregiudicato.

Senza stabilire né graduatorie né paragoni: se Berlusconi, e Cavour, e De Gasperi, e Giovanni Paolo II, non fossero stati divisivi la storia sarebbe stata diversa, io penso peggiore. Chi cambia l’inerzia della partita – citazione calcistica che nel caso di Silvio ci sta – determina una squadra di sconfitti ed è perciò divisivo, ma l’impronta di alcuni uomini è bello sia riconosciuta e onorata anche da chi si è loro opposto.

CUORE
Chi è stato più figlio di Milano che il Berlusca? C’è stato un momento, durante le sue esequie in Duomo, che l’immagine apparsa sugli schermi dentro la navata e in piazza, e in tante case, è passata dalla bara inerte di Silvio alla Madonnina tutta d’oro in cima alla guglia. Figlio e madre. Il popolo intorno, non sempre amico, spesso contro, ora commosso. Non c’è bisogno di discussioni e di voti: per legge a prendersi la responsabilità di cambiare il nome a una piazza o a una strada non è il voto del Consiglio comunale ma sono sindaco e giunta, che offrono documentazione al prefetto per le motivazioni. Dubbi?

Trascrivo dalla gazzetta ufficiale: «Circolare Ministero dell’Interno 10 del 08.03.1991. Atto deliberativo del Comune in materia di toponomastica (...) si ritiene che l’atto deliberativo di cui trattasi sia ormai di competenza della Giunta comunale». Il sindaco Beppe Sala dovrebbe avere negli occhi cosa accadde il 14 giugno. Alla porta meridionale del Duomo, con la fascia tricolore, fu lui, insieme al presidente della Regione Attilio Fontana, ad accogliere il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per le esequie più imponenti ed insieme unanimi da parte della metropoli ambrosiana. Forza, signor sindaco Sala, prenda il coraggio a due mani. Milan col coeur in man vuol dire questo, la capacità di sentire i battiti più che i dibattiti, come diceva quell’altro grande milanese, Giovanni Testori. Il quale sostenne anche che Milano voleva dire per i milanesi: Mi (io) là no, cioè io fuori da Milano mai! Non farti bagnare naso da Portofino, che è molto fine sì, ha un mare incantato, ma non ha la Madonnina e quel cielo.

 

 

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