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Bagni pubblici introvabili? La rivoluzione "wc-shop": cosa state vedendo

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È che oramai i bagni pubblici non ci sono più. Quando ne hai bisogno non ne trovi uno manco a cercarlo col lanternino. E intanto sei lì, sei appena uscito dal cinema o dall’ufficio o da casa, senti la vescica che s’ingrossa, mica puoi sbottonarti i pantaloni per strada, sarebbe pure un reato, e magari è persino pieno giorno, l’alternativa è infilarti in un bar, però devi consumare almeno una bibita, più che altro è un fatto di gentilezza, con ‘sto caldo tra l’altro te la servono ghiacciata, così tra dieci minuti sei punto e a capo, in una sorta di circolo che non finisce mai, e cosa fai? Alzi la mano chi non si è mai trovato in una situazione simile, oggi, nel nuovo millennio, in una qualsiasi città italiana. Tranne che a Napoli, però. Perché Enzo Pesce, che è un artigiano del bronzo e anche uno che ci vede lungo, s’è inventato un nuovo “business”.

Quello della pipì. Mercoledì scorso ha inaugurato in via Atri, ossia in pieno centro storico, nella città partenopea, un locale che si chiama “Se ti scappa”. Basta la parola, come recitava quella famosa pubblicità di Carosello (che pure, per certi versi, c’entra). Aveva uno spazio di poche decine di metri quadrati, Pesce, e col figlio ha deciso di restaurarlo in un “wc shop”: cinque postazioni, confort di ogni tipo e l’ingresso a pagamento: si accede (al water) pagando un euro tondo tondo.

IL PROGETTO
«Il progetto risale a prima della pandemia», spiega, «era sfitto da quattro anni e abbiamo detto no alle richieste di potenziali affittuari che volevano fare l’ennesima friggitoria o qualcos’altro legato alla ristorazione. Noi avevamo in mente un servizio per i turisti, ma anche per i napoletani. Volevamo dare un segno di civiltà perché in zona non ci sono bagni». E infatti i commercianti del quartiere ringraziano. Quelle tavole calde, quei bar, che ogni santissimo giorno si vedono entrare avventori che corrono veloci al balcone e li individui subito, sei abituato, ti fissano con gli occhi imploranti e ti chiedono: “Scusi, la toilette è disponibile?”. Fuori dal “Se ti scappa” c’è una grossa insegna luminosa, di quelle che campeggiano in ogni aeroporto o stazione o museo. Dice solo “Wc”: e cos’altro dovrebbe segnalare, dopotutto? «L’investimento è privato, però è stato approvato sia dalla Asl che dalla Soprintendenza» continua Pesce, che ha assoldato anche due addetti per la pulizia e l’assistenza e il decoro. Dentro le finiture sono in pietra, il locale è stato progettato da alcuni architetti, c’è l’aria condizionata e (fondamentale) un olezzo di fragranze profumate. Hai detto niente.

Che altrove gli orinatoi pubblici, quando ci sono, sono dei bugigattoli che ti viene il voltastomaco solo a metterci un piede oltre la porta d’ingresso. Qui no. Qui «ogni bagno è spazioso, con appendiabiti, e all’ingresso c’è un fornello di ultima generazione per il pagamento in monete e con carta, collegato all’Agenzia delle entrate. L’unico rimpianto è non aver potuto realizzare, per questioni di metratura, un servizio per disabili». Ecco, appunto: il servizio dei servizi. Che una volta (ma una volta inteso come secoli fa, quando c’erano i romani) i “vespasiani” li trovavi quasi in ogni strada; adesso ci fai caso solo se ne hai necessità: perché ti giri intorno, allunghi il collo, sbirci sulla cartina (se sei fuori sede) e alla fine entri in quel benedetto bar con la cameriera che sbuffa (perché non sei il primo della giornata).

I COSTI
Costano, i bagni pubblici. Costano soprattutto perché vanno puliti, mantenuti, rigovernati almeno un paio di volte al dì. Quindi ben vengano le iniziative come quella di Pesce, che lo ammette papale («le spese non sono state poche») e che ha avuto il coraggio di investire in un settore che tanto di moda non va, che neanche viene preso in considerazione, ma che è destinato a dare i suoi frutti dato che «solo da noi arriviamo a duecento richieste al giorno», sospira il titolare di un caffè poco distante dal “Se ti scappa”. A Bari scarseggiano i bagni pubblici tanto che alcuni turisti si rivolgono perfino alla cattedrale, a Roma il Pd ha proposto di far pagare i vespasiani agli sponsor in modo da non arrivare sprovvisti al Giubileo, a Cagliari i commercianti si lamentano perché sono presi d’assalto dalle solite richieste. E dire che basta poco.

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