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Pride, Pietro Senaldi: ormai è un baraccone (e non piace a molti omosessuali)

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Pietro Senaldi
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Anche ieri, come ogni buon sabato, il Gay Pride ha rotto le scatole a dei cittadini che vorrebbero starsene in pace almeno nei giorni di festa e non vedersi le strade invase da un’umanità truccata come a Carnevale e chiassosa. Stavolta gli sfortunati sono stati gli abitanti di Firenze, Verona, Taranto e Latina. Per la verità ormai la manifestazione ha cambiato nome, si chiama Pride soltanto, i gay sono diventati parte dell’incomprensibile acronimo lgtbqia+, sigla probabilmente ancora in evoluzione espansiva che richiede una laurea in sociologia per comprendere chi includa. Un tempo l’evento, nato negli Stati Uniti negli anni Sessanta, quando la società era omofoba e bacchettona e la protesta di piazza aveva un senso, era mirato alla rivendicazione del diritto degli omosessuali a esistere e vivere la propria sessualità liberamente. Poi, ottenuto lo scopo, è diventata una festa. Oggi è una manifestazione politica di parte. 

La stragrande maggioranza di chi vi partecipa, interrogata sul punto, afferma che ormai i Pride sono l’unica opposizione vera contro il governo di centrodestra, che i variopinti intervistati definiscono fascista. Non hanno tutti i torti, visto che il Pd ormai si divide tra l’inseguire i grillini sulle rivendicazioni economiche e gli omosessuali sull’utero in affitto. Certo questi sabati antifascisti sono una vera scocciatura per chi non appartiene a nessuna delle parrocchie lgtbqia+, però possono essere utili al centrodestra. Se gli italiani si convincono che davvero l’unica opposizione in circolazione è quella dei Pride, Meloni e soci governeranno molto a lungo. I manifestanti infatti sono convinti di essere perseguitati ma sono ignari di quanto si ritenga perseguitato chi è costretto a cedere loro il centro cittadino ogni sabato per sentirli dire sempre le stesse cose, per divertirsi, per cogliere un’occasione per cuccare. L’impressione è che i partecipanti ai Pride stiano al mondo gay come CasaPound alla destra, i Carc alla sinistra, gli ultras delle curve degli stadi ai tifosi e i Legionari di Cristo al Vaticano.

Siano in pratica gli estremisti che imbarazzano e sono invisi a chi pretendono di rappresentare. Se molte persone omosessuali ancora oggi, quando nessuno le discriminerebbe, non amano parlare in pubblico dei loro gusti è perché non ci tengono a essere assimilati al popolo dei Pride, che è una caricatura di una realtà per lo più dignitosa e non sguaiata. Preferiscono vivere la propria sessualità in modo più riservato, senza farne una caricatura che ridicolizzi i loro gusti fino a umiliarli. Il sospetto è che la mancata soddisfazione delle ultime rivendicazioni che il mondo gay ancora ha sia dovuta proprio al pessimo spettacolo che esso dà di sé in queste pagliacciate del fine settimana.

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