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Pnrr, scandalo "facilitatori": intascano i soldi e li portano all'estero

Elisa Calessi
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Centocinquantadue operazioni sospette legate al Pnrr. Facilitatori che si propongono per ottenere, in modo illecito, i finanziamenti europei. Imprese che cambiano sede, in modo illegale, solo per avere i fondi del Pnrr. O che riescono a ottenerli, senza averne diritto, e poi li portano, sempre con condotta illecita, all’estero. È la denuncia che arriva dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, che lo ha messo nero su bianco nel Rapporto Annuale, presentato ieri dal direttore dell’Uif, Enzo Serata. Le segnalazioni, ha spiegato, «hanno spesso evidenziato la presenza di reti di imprese indebitamente beneficiarie di finanziamenti agevolati o per cui si è registrato un utilizzo distorto delle risorse stanziate, frequentemente destinate all’estero, e la presenza di professionisti con ruoli di facilitatori». Questi ultimi si propongono come professionisti capaci di assistere le imprese «nelle fasi di accesso alle agevolazioni» e «svolgono un ruolo nevralgico nella rete». Lo scopo vero è quello di realizzare «condotte illecite per conto di titolari effettivi comuni».

 

 


Tu mi paghi, io ti faccio avere i soldi del Pnrr anche se non ne avresti diritto. L’Uif ha invitato tutti i soggetti responsabili degli adempimenti antiriciclaggio, in particolar modo la Pubblica amministrazione, a monitorare attentamente le operazioni riconducibili alle misure del Piano e a segnalare tempestivamente quelle sospette. Oltre il 27% dei casi segnalati, e riguardanti il Pnrr, si possono collegare, si legge nella relazione, a contesti riconducibili alla criminalità organizzata. Il totale, finora, dei soldi del Pnrr che si sospetta siano finiti nelle mani sbagliate supera i 264 milioni di euro. Oltre la metà di queste segnalazioni arrivano dalla Pubblica amministrazione, il resto da banche e Poste.


È quello che, fin dall’inizio, in tanti temevano e sui cui in tanti avevano messo in guardia. A ogni livello, in modo trasversale. E cioè che l’ingente torta dei finanziamenti legati al Pnrr finisse nel circuito della criminalità organizzata o, più banalmente, di truffatori. Siamo all'inizio dell'intero processo, ma sembra sia già successo in molti casi. Del resto, come nota sempre la relazione dell’Uif, c’era da aspettarselo, visto che è accaduta la stessa cosa con precedenti bonus statali. Si legge ancora nella relazione. «Come si è spesso osservato per le agevolazioni pubbliche connesse al Covid-19, ovvero, più di recente, per le misure a sostegno delle aziende italiane esportatrici danneggiate dal conflitto in Ucraina, è emersa anche in questi contesti la diffusa presenza di reti di imprese che hanno avuto indebitamente accesso a finanziamenti agevolati e/o hanno registrato un utilizzo distorto delle risorse, frequentemente destinate all’estero (in particolare verso la Cina) a favore di società controparti, anche riconducibili a soggetti positivi al matching anagrafico con le basi dati della Dna».

 

 


La destinazione dei soldi percepiti illegalmente, dunque, è spesso la Cina. «Spesso», continua la relazione, si tratta di «imprese rilevate da meri prestanome al servizio della criminalità organizzata, che pressoché contestualmente alla richiesta delle agevolazioni, registrano modifiche societarie, soprattutto nell’ambito di interventi destinati alla promozione di specifici settori, ovvero della sede legale, laddove una determinata collocazione geografica sia funzionale all’incremento della componente a fondo perduto». Si tratta, insomma, di imprese finte, di scatole cinesi, di società create ad hoc per ottenere i fondi che cambiano sede solo per poter ottenere i soldi. Truffe, insomma. Come, purtroppo, ampiamente previsto. 

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