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Banchi a rotelle rottamati dal preside? Ora rischia di sborsare 38mila euro

Claudia Osmetti
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Quei banchi a rotelle: che alla fine basta il nome, ce li ricordiamo tutti. Ci son costati circa 300 milioni di euro (che abbiamo pagato noi, uno per uno, perché, quando una cosa la compra lo Stato, gratis non lo è mai) e non li ha mai usati nessuno. Qualcuno, come l’ex preside del liceo Benedetti-Tommaseo di Venezia, se ne è pure sbarazzato: li ha presi (di peso) e li ha smaltiti. Come poteva. Fuori, via, lontano dalle classi, su una chiatta attraccata a un canale, dato che quelle scrivanie mobili monoposto, in piena pandemia, servivano a un tubo.

Solo che poi è venuto fuori un putiferio che la metà bastava e che si trascina persino adesso, tre anni dopo il Covid e due dopo la pensata dell’allora ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina (Movimento cinque stelle). Stefania Nociti, l’ex dirigente scolastica veneziana, in questi giorni è finita davanti alla Corte dei Conti, che le ha contestato un danno erariale di 38.598 euro, centesimo più centesimo meno: 13.400 euro per quei banchi (immacolati), 20.861 euro per i pacchi di mascherine (quelle del ministero, anche loro mai indossate e che lei ha avuto l’ardire - sic - di regalare a qualche associazione) e altri 637 euro per dei flaconi di gel disinfettante (che, piuttosto che chiudere in qualche armadio dell’aula docenti e far scadere, ha donato - nientepopòdimenoche - alla Caritas). Ballano ancora 3.700 euro, che però son finiti sul conto dell’istituto perché lo “smaltimento” dei banchi non ha rispettato le procedure. Hai capito.

 

 


Già l’epopea infinita di quei giorni sarebbe il caso di rilegarla nel cassetto dei (brutti) ricordi e lasciarla lì, invece no. Invece continuano. Perché lei, Nociti, giustamente non ci sta e assieme ai suoi legali ha depositato una memoria nella quale spiega per filo e per segno come è arrivata a quella decisione che tanto ha scandalizzato le anime belle. Spiega, per esempio, che erano mesi di incertezze e di confusione, che indicazioni precise non ce n’era manco mezza, che non voleva di certo creare un danno alle casse dello Stato, ma che qualcosa doveva pur fare.

Non poteva tenersi quei banchi ammassati in corridoio prima e in biblioteca dopo, coi ragazzi in giro, col distanziamento che (tra l’altro) richiedeva sempre più spazi, con il locale per la lettura chiuso perché neanche si riusciva ad aprire la porta. Quei trabiccoli da interno che erano stati provati giusto una volta nel settembre del 2021 e poi dismessi perché, parliamoci chiaro, pratici non lo erano, indispensabili neppure e necessari men che meno. Niente, archiviata l'emergenza e cambiato governo (anzi cambiati i governi perché dal 2021 ne abbiamo avuti due), quel procedimento sta ancora in piedi. E la battaglia legale tra l’ex preside (che ha addirittura cambiato plesso e provincia e oggi dirige un istituto superiore a Casier, nel Trevigiano) prosegue. Vero che il ministero, ai tempi, prima di indire una gara pubblica per l’acquisto dei banchi a rotelle, chiese a ogni istituto l’effettivo fabbisogno: ma poi è andata come è andata. E mica solo a Venezia. 

 

 

 

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