Passaporto, Sallusti: fateci almeno andare in vacanza. Un appello al governo
Siamo d’accordo che i tassi di interesse imposti dalla Bce, così come la messa a terra del Pnrr e aggiungo pure il Mes (il discusso Meccanismo europeo di stabilità che tanto divide) siano problemi decisivi per l’economia. Tutto vero, ma oggi è il 28 giugno, vigilia di vacanze per lo più meritate che uno Stato amico dovrebbe agevolare. E invece anche qui la maledetta burocrazia si intrapone senza che nessuno riesca a farci nulla. Mi riferisco al fatto che per rinnovare il passaporto il tempo medio di attesa è di sette mesi, per avere una nuova carta di identità poco meno. Diciamolo: non è cosa da Paese civile e la giustificazione “dovevi pensarci per tempo” se intendevi espatriare non è degna di essere neppure presa in considerazione.
Avere un documento di identità valido in tempi decenti è un diritto dei cittadini: tu Stato mi imponi, giustamente, l’obbligo di essere munito di quel pezzo di carta e tu Stato devi organizzarti in modo da farmelo avere quando serve a me e non quando fa comodo a te, anche per questo si pagano le tasse. Perché alla validità del documento di identità è legata a doppio filo la nostra libertà di movimento dentro e fuori i confini nazionali ed europei, non è questione di poco conto essere costretti a vivere per mesi in regime di libertà limitata o addirittura negata.
Fare il passaporto? Un calvario lungo più di sei mesi: cosa sta succedendo
Già mi sento le spiegazioni delle cosiddette autorità competenti: siamo in pochi, le procedure sono complesse eccetera eccetera. E quindi? Con questo approccio un’azienda privata fallirebbe nel giro di poche settimane ma è noto che nell’amministrazione pubblica lo stipendio gira e il posto è assicurato a vita a prescindere dai risultati. Sulla sindrome del posto fisso, una vera malattia, Checco Zalone ci ha fatto su un film, “Quo vado”, di grande successo. Ci ha fatto ridere ma quando tocca a te fare i conti davvero con quella realtà allora il sorriso si smorza e subentra la rabbia. È noto che il problema non l’ha creato questo governo, più o meno da sempre le cose funzionano così. Ci piacerebbe però che, un governo che fa del pragmatismo uno dei suoi segni distintivi, buttasse un occhio su questa pratica. Perché tra le identità da difendere e liberare da lacci e lacciuoli ci piacerebbe rientrasse anche l’identità cartacea.
"Altro giro, altro disastro: il prototipo della perdente", Sallusti archivia Schlein