Cerca
Cerca
+

Papa Francesco apre le porte ai comunisti: sfilata rossa in Vaticano

Marco Respinti
  • a
  • a
  • a

I cubani, che dopo il comunismo duro di ieri, oggi patiscono il neo-post-comunismo subtropicale, hanno mandato il proprio presidente, Miguel Díaz-Canel, a farsi benedire. Letteralmente e sul serio, dal Papa, a Roma, ieri mattina. «È stato un incontro molto piacevole quello di oggi con Sua Santità Papa Francesco, al quale ho trasmesso il profondo affetto e gli auguri del popolo cubano per una piena guarigione», ha twittato il nuovo líder maximo. «È stata una conversazione franca», ha proseguito Díaz-Canel: «Abbiamo confermato ampie convergenze su questioni urgenti dell’agenda internazionale per l’umanità».

Il presidente cubano riferisce di avere discusso parecchi dossier con il Pontefice, «in particolare il grave impatto sulla nostra popolazione dell’intensificazione del blocco economico», giacché, si sa, la colpa è sempre degli altri. Confortato dalla benedizione del Santo Padre, Díaz-Canel ha quindi ricordato che con il capo della Chiesa Cattolica «abbiamo confermato la nostra volontà di continuare a rafforzare i legami tra la Santa Sede e Cuba» e, sempre su Twitter, che lo stesso è avvenuto con il segretario di Stato del Vaticano, mons. Pietro Parolin: «Abbiamo concordato nel sottolineare con soddisfazione lo sviluppo positivo delle relazioni tra Cuba e la Santa Sede. Abbiamo ribadito la nostra volontà di continuare a rafforzarle».

 

 

 

IL PATTO CON PECHINO

Alle belle parole sono però seguiti ben altri fatti. Mentre sventolava i buoni rapporti con il Vaticano, infatti, Cuba i legami che ha pensato subito di rinserrare davvero sono quelli con la Cina, altro paradiso neo-post-comunista che prima ha perseguitato i cristiani e ora, mentre i cristiani continua a perseguitarli, tiene il Vaticano per la cintola attraverso un accordo capestro da cui la Santa Sede non riesce a svincolarsi. Del resto le benedizioni non sono come l’Alka-Seltzer, che agisce per conto proprio: bisogna un po’ ben disporsi, accoglierle.

E Cuba non si è solo appena accordata con la Cina per installare sull’isola un centro spionistico che punterà gli occhi e le orecchie di Pechino su Washington, come hanno rivelato The Wall Street Journal e Politico raccogliendo la voce di un funzionario dell’amministrazione Usa, ma ci ha messo soltanto 10 giorni per trasformare in realtà il vaticinio di quella «gola profonda». La Cina, aveva detto l’insider, «continuerà a cercare di rafforzare la propria presenza a Cuba». E difatti, mentre con la destra si segnava in Vaticano, con la sinistra (ovviamente) Díaz-Canel due giorni fa firmava con Pechino l’accordo per istituire su suolo cubano un secondo centro, stavolta di addestramento militare congiunto. Lo riportava ieri sempre The Wall Street Journal, e significa la presenza magari permanente di truppe cinesi e di operazioni come quelle viste al largo di Taiwan a qualche pagaiata dalla Florida.

 

 

 

Peraltro il patto L’Avana-Pechino non è nuovo. Cuba è costantemente al fianco della Cina in ogni sede utile. Quando, nei consessi internazionali, la Cina vota «sì», Cuba si accoda docile, e quando bisogna votare «no» contro la Cina, Cuba corre in suo aiuto, membro stabile di quell’«Asse della vergogna» che raggruppa i Paesi che per amore o per forza o per denaro flirtano con Pechino, fra i quali non manca mai la Russia. È così da anni, che si tratti delle etnie e dei gruppi religiosi perseguitati in Cina o della repressione a Hong Kong.

Cuba sta sempre dalla parte sbagliata anche nel caso del despota affamatore del popolo venezuelano Nicolás Maduro, esattamente come il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva. A fine maggio Lula ha ospitato a Brasilia Maduro per benedire, questa volta laicamente, la ripresa dei rapporti fra i due Paesi che erano stati interrotti dalla presidenza di Jair Bolsonaro. Ma, oltre ai legami con il neo-post-comunista venezuelano Maduro, un altro elemento accomuna il neo-post-comunista brasiliano Lula al neo-post-comunista cubano Díaz-Canel: la benedizione del Papa, che Lula cercherà in Vaticano a coronamento della visita di due giorni in Italia che ha iniziato ieri. E mentre il Vaticano si affolla di neo-post-comunisti, resta da vedere come la Cina, maestra di strategie e di tattiche, si approfitterà anche del Pontefice per far credere di lucrare anch’essa qualche grazia per interposta persona. 

 

 

 

Dai blog