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Vittorio Feltri, l'ipocrisia dell'accoglienza: importiamo clochard e li uccidiamo

Vittorio Feltri
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 Sono quasi centomila i senzatetto in Italia, il 40% circa è costituito da stranieri, di cui oltre la metà proviene dall’Africa. In questi lustri abbiamo accolto a braccia aperte per poi scaraventare in strada questo materiale umano di risulta che non trovava più spazio nei centri di accoglienza finiti troppo spesso sotto indagine allorché è stato scardinato quel corrotto apparato di cooperative rosse che ha visto negli sbarchi una occasione golosa per gonfiare le tasche, per impossessarsi dei capitali pubblici, consentendo a coloro che hanno gestito questi affari o a coloro che li hanno difesi persino di farsi passare quali paladini dei diritti umani, gente pia e misericordiosa. Tutta questa ipocrisia ci ha procurato parecchi mal di pancia nel corso degli anni, ma è nulla rispetto ai danni che sono stati prodotti al Paese, anche in termini di sicurezza. Di fatto le città di ogni dimensione, da Nord a Sud, sono gremite di vagabondi che vivono all’aperto, che, inevitabilmente, sono indotti, a causa della disperazione, a campare di espedienti, imboccando la via della devianza, della criminalità, della delinquenza. Questi individui, ovvero i senza fissa dimora, non soltanto rappresentano un pericolo pubblico quando intraprendono il percorso del crimine, ma anche sono esposti essi stessi ad ogni sorta di rischio derivante dal non disporre di una casa.

 


Il brutale omicidio di Frederick, clochard di 43 anni originario del Ghana, avvenuto lunedì mattina a Pomigliano d’Arco, senza che nessuno – inspiegabilmente – si sia accorto che un uomo veniva letteralmente massacrato di botte, è l’ennesimo episodio sanguinario che ci consegnano le pagine dei giornali. Sappiamo che questo signore, il quale era già stato vittima di pestaggi, non arrecava fastidio a nessuno, si limitava a chiedere qualche spicciolo davanti ad un supermercato. Come sempre accade, la comunità si dice rammaricata per questa perdita, vengono organizzate fiaccolate, vengono raccolte dichiarazioni cariche di dolore. Ma non c’è stata anima che abbia impedito quanto è avvenuto. Insomma, è mai possibile che un individuo venga pestato in pieno giorno in un centro urbano e nessuno si renda conto di nulla? Più facile che abbiano vinto omertà e indifferenza, vigliaccheria ed egoismo. Più facile che qualcuno abbia scorto qualcosa e abbia scelto di voltarsi dall’altra parte, per quieto vivere, mentre un essere umano moriva in una maniera atroce. Si può tollerare in una società civile, in un Paese democratico, in uno Stato di diritto dell’area ricca del mondo, del prospero Occidente, che centomila persone non abbiano quattro mura entro le quali rifugiarsi, che diano loro decoro, dignità, sicurezza, benessere?

 


ETERNA ATTESA
Abbiamo riempito le città di disperati che in Italia sono divenuti ancora più disperati. Abbiamo raccontato la frottola dell’accoglienza mentre edificavamo lager, gabbie, prigioni e riempivamo le stazioni di irregolari destinati a marcire sul marciapiede in una eterna attesa di una via d’uscita dopo avere varcato la via d’ingresso al Belpaese e a quella Europa che non è che un miraggio oltre che una presa per i fondelli. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: interi edifici, dove domina l’illegalità in tutte le forme e declinazioni, occupati abusivamente, incluso quello da cui una bambina è scomparsa nel nulla, da extracomunitari dediti ad ogni genere di affare sporco, aumento esponenziale di senzatetto ed emarginati, crescita della piccola criminalità ovunque, diminuzione del livello di sicurezza. Ecco cosa avviene quando un fenomeno come quello migratorio, per di più su vasta scala, non viene gestito per decenni. La regola prevalente, anzi l’unica, imposta dalla sinistra è stata: accogliamo tutti e integriamo tutti, come se l’integrazione fosse un processo naturale, automatico, che non comporta costi, fatiche, impegno, politiche precise che non sono mai state attuate. Lo Stato ha scelto di abdicare. Abdica nei palazzi occupati, abdica sulle strade dove i senzatetto vengono dati alle fiamme, picchiati, torturati, ammazzati.


Arduo il compito, anzi l’impresa, di prendere in mano questa situazione generale di degrado e di abbandono sedimentatosi nel tempo allo scopo di ripristinare l’ordine e la sicurezza. La società civile che piagnucola quando fatti come quello registratosi a Pomigliano d’Arco si verificano è la stessa che si dimostra sempre più chiusa e persino crudele nei riguardi di coloro che non hanno un tetto, che vengono allontanati, ignorati, ostacolati pure nel loro tentativo di rannicchiarsi in un angolo, in quanto offrirebbero ai passanti uno spettacolo non piacevole. Siamo colpevoli tutti. Maggiore è il numero dei senzatetto maggiore è la nostra indisponibilità ad accorgerci di loro. Mentre la quota dei barboni lievita, schizza ai massimi storici la nostra ostilità nei loro confronti. Come se la miseria più nera fosse una colpa. Da lavare con il sangue.

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