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Roma, l'avvocato dello youtuber: "La colpa è della Smart"

Hoara Borselli
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L’avvocato Francesco Consalvi è il difensore, nonché zio (da parte di madre) di Matteo Di Pietro, indagato per omicidio stradale. Matteo è lo youtuber al volante della Lamborghini al momento dell’impatto con la Smart, guidata da Elena Uccello, in seguito al quale ha perso la vita il figlio, Manuel Proietti, 5 anni. Consalvi vuole fare chiarezza.

Ci dica...
«Visto il clamore della vicenda, è giusto che vengano alla luce tutte le versioni dei fatti e l’esatta dinamica dell’accaduto affinché ci siano le condizioni per poter affrontare un processo penale ordinario senza il condizionamento di processi mediatici e politici come sta avvenendo. Anche il ministro Salvini si è molto esposto aprendo una finestra politica sul caso. Credo che sia giusto aggiungere al racconto di parte particolari che non sono emersi».

Per esempio?
«Innanzitutto dalle immagini delle autovetture incidentate emerge in maniera inequivocabile che la Smart su cui viaggiava il piccolo Manuel ha riportato danni sulla fiancata destra. Alla luce di questo non si riesce a comprendere come si possa parlare di un impatto frontale come viene riportato».

La sua tesi è supportata da rilevamenti stradali?
«La signora Uccello, alla guida della Smart, per impegnare una via alla sua sinistra ha necessariamente dovuto passare per la traiettoria di Matteo che procedeva a destra. Mi spiego meglio. La Smart avrebbe dovuto dare la precedenza alla Lamborghini, tagliando di fatto la strada all’autovettura guidata da Matteo».

Si dice però che l’impatto sia avvenuto perché suo nipote Matteo stesse effettuando un sorpasso andando lui ad impegnare la corsia dove procedeva la Smart...
«Nego categoricamente che la Lamborghini stesse effettuando un sorpasso. È una circostanza inventata. L’autovettura di Matteo procedeva nella sua corsia di marcia, non stava effettuando manovre azzardate. A lui non è stata data la precedenza. Lo dimostra il fatto che lo scontro è avvenuto nella corsia di competenza della Lamborghini che a seguito dell’impatto ha riportato i danni nella parte anteriore e la Smart ha riportato i danni nella parte laterale destra. È fuori di dubbio che la conducente della Smart stesse effettuando una manovra per svoltare, come ha lei stessa dichiarato».

La Lamborghini procedeva però ad una velocità superiore ai limiti...
«La velocità precisa andrà accertata. Mi sento di dire che viaggiasse tra i 60-80 km orari».

Il limite massimo consentito è però di 30 km orari...
«Questo sarà di certo un elemento che in sede di processo gli potrà essere contestato».

Matteo è risultato positivo ai cannabinoidi...
«Va fatta chiarezza. Dal referto del Pronto Soccorso emerge che, nel momento in cui era alla guida, non era sotto l’effetto di alcuna sostanza che potesse alterare la sua capacità cognitiva e reattiva. La sua non negatività ai cannabinoidi non si riferisce a quel momento e può essere riferito anche a sostanze farmaceutiche. È risultato negativo a cocaina e alcol e lo dimostra il fatto che non è stata ritenuta necessaria alcuna misura cautelare».

Non si può negare che ci fosse una challenge in corso da postare sui canali YouTube. Si è detto stessero facendo una sfida di velocità...
«Non è vero che la challenge o la sfida o il video in questione riguardasse una gara di velocità o una performance dell’autovettura. La sfida era di vivere per 50 ore all’interno di una macchina: dormire, mangiare, guardare la tv, urinare, e l’obiettivo era quello di non produrre briciole e riconsegnare la macchina nelle stesse identiche condizioni di quando era stata noleggiata. E non si trattava di 50 ore di guida consecutive: la maggior parte dei video venivano realizzati da fermi».

Ma perché proprio una Lamborghini se cilindrata e velocità non erano elementi utili alla sfida?
«La scelta della Lamborghini nasce da una mera opportunità di parola chiave che l’utente può avere nella ricerca sul web. Lamborghini è una parola cliccatissima. La cilindrata non c’entra. Video analoghi erano stati girati in precedenza con una Tesla e una Fiat 500».

Ci dice qualcosa sui contenuti dei video che la “The Borderline”, società si cui lei cura contrattualistica e aspetti legali, produce?
«La “The Borderline” sono un gruppo di ragazzi riuniti con lo scopo di realizzare video accattivanti per un target di età che va dai 5 ai 15 anni. Lo scopo è solo quello del divertimento attraverso un linguaggio chiaro, spedito, diretto, non volgare o scurrile, e facilmente comprensibile. I contenuti non sono mai diseducativi o violenti. Nell’oggetto dello statuto della società c’è specificato che i contenuti pubblicati in rete non devono contenere messaggi pericolosi. Il guadagno deriva dagli sponsor e dipende ovviamente delle interazioni che i video producono».

Nell’auto, per realizzare i filmati, immagino venissero utilizzati telefoni o strumenti di ripresa. Si sente di escludere che suo nipote possa essere stato distratto al momento dell’impatto?
«I video all’interno dell’autovettura vengono realizzati tramite una telecamera fissata alla macchina. Questa telecamera non riprende quasi mai l’autovettura in movimento bensì quando i ragazzi sono fermi, durante la notte, quando si stanno per coprire, quando mangiano, quando guardano la tv. Matteo Di Pietro, in tutti i video girati all’interno dei veicoli non ha mai il telefono o una telecamera in mano».

Da quante ore stava guidando Matteo, prima dell’impatto? Può essere considerato il fattore “stanchezza” nella dinamica dei fatti?
«I ragazzi erano ripartiti da circa mezz’ora. Avevano fatto una sosta perché ribadisco che questi video per il 99 per cento del tempo vengono realizzati a macchina ferma. Anche perché nel contratto di affitto meno km fai meno paghi. A loro interessa stare nell’auto, non su strada».

Se la sente di dire che suo nipote e i ragazzi coinvolti, Vito Loiacono, Marco Ciaffaroni, Gaia e Simone Dutto, non hanno alcuna responsabilità sull’incidente di Casal Palocco?
«Questo non lo posso dire. Quello che posso dire come avvocato difensore è che come emergerà dalle operazioni cinematiche, nonché dalla dichiarazioni testimoniali escusse, l’incidente non si sarebbe verificato se la conducente della Smart non avesse impegnato la traiettoria occupata da Matteo Di Pietro e rispettato la precedenza».

Ha letto il virgolettato di Repubblica dove risulta che i genitori dei ragazzi coinvolti avrebbero definito una “bravata” l’accaduto?
«Repubblica sarà querelata per questo. I genitori di questi ragazzi sono devastati dal dolore. Come si può anche solo pensare che abbiano detto una cosa del genere? Nessuno di loro ha rilasciato alcuna dichiarazione. Sono virgolettati inesistenti. Questa con lei è la prima dichiarazione che viene rilasciata. Mia sorella, la mamma di Matteo, appena ha appreso la notizia è stata irreperibile per ore. Temevamo il peggio, che si fosse suicidata. Era invece corsa in Chiesa dove è stata ore a pregare per Manuel e per sua madre Elena e la sorellina Aurora in ospedale. La sofferenza dei genitori di questi ragazzi è enorme, ovviamente non paragonabile a quella di genitori che perdono il proprio figlio. È da sciacalli anche solo pensare cose come quelle riportate da Repubblica».

Matteo cosa le ha detto, come sta vivendo questo momento?
«Matteo, Vito, Marco, Simone e Gaia, sono devastati dal dolore. Vorrebbero andare ai funerali, alla fiaccolata, vorrebbero partecipare in prima persona ma non sanno come comportarsi. Tutti gli stanno consigliando di allontanarsi anche perché sul web stanno arrivando minacce di morte rivolte a loro e ai genitori di Matteo. Ricordo che le prima persone che hanno soccorso i due minori all’interno della Smart sono stati mio nipote Matteo Di Pietro e Gaia. Il piccolo Manuel era stato rianimato, il suo cuore aveva ricominciato a battere, respirava, aveva ripreso colorito. I ragazzi mi hanno riferito che l’ambulanza è arrivata dopo circa un’ora e il bambino è deceduto in ambulanza».

È un’accusa nei confronti dei soccorsi?
«Ribadisco quello che mi hanno riferito i ragazzi. Se veramente l’attesa è stata di un’ora, una riflessione va fatta».

Ha altro da aggiungere?
«Sì, questi ragazzi non sono i mostri che stanno dipingendo tutti e sono certo che emergerà la verità. Intanto, come avvocato, ma a nome di tutta la famiglia di Matteo, di esprimere tutta la nostra più sincera vicinanza alla famiglia del piccolo Manuel».

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