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Giulia Tramontano, non è finita: il segreto sul cellulare sparito

Simona Pletto
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Chi sia il carnefice è ovviamente chiaro, ma c’è ancora parecchio che non torna, nella storiaccia di Senago. Nella lista degli orrori supportata da tanti elementi rilevati nel corso delle indagini, sulle modalità con cui il trentenne Alessandro Impagnatiello avrebbe portato a termine l’uccisione della compagna Giulia Tramontano, incinta di sette mesi, ci sono aspetti ancora irrisolti. E non sono secondari, se proiettati verso quello che sarà il dibattito processuale.

In primis, il telefono della povera Giulia. Impagnatiello, reo confesso, definito “narcisista e manipolatore” tanto da aver cambiato nel giro di pochi interrogatori la narrazione dell’omicidio fornita agli investigatori, in una spinta collaborativa di dubbia sincerità aveva rivelato: «Vi dico dove si trovano i documenti, la carta di credito e il telefono di Giulia. Li ho gettati in un tombino, nel parcheggio della metropolitana, uscita Comasina a Milano». Siamo a pochi chilometri dalla casa di via Novella a Senago, in cui sabato 27 maggio si è consumato il delitto. I carabinieri hanno così trovato i documenti e il bancomat di Giulia. Ma del cellulare nessuna traccia.

 

RICERCHE SUL WEB
In quel telefono ci sono evidentemente messaggi e altri contenuti che Impagnatiello si è guardato bene dal far scoprire. Se è vero che in alcuni passaggi delittuosi ha “pasticciato” (si è messo a lavare le tracce di sangue nell’atrio con giornalisti e cameramen sotto casa, ha provato a dar fuoco al cadavere prima con l’alcol poi con la benzina non riuscendoci), è vero anche che per il cellulare ha usato maggiore astuzia. Il motivo per cui ha cercato di depistare le indagini potrebbe essere proprio all’interno dello stesso dispositivo. Sì, perché guarda caso - proprio il giorno prima dell’omicidio della povera Giulia, Impagnariello aveva effettuato una digitazione sospetta, per cercare di capire come disattivare una chat: “disconnettere dispositivi whatsapp web” e “whatsapp web come uscire”, questi i termini digitati su Google. In quella o quelle chat che voleva eliminare, forse, ci sono le risposte che ancora mancano agli inquirenti. La premeditazione resta un punto centrale delle indagini ancora in corso, dopo che sono venute a galla altre ricerche on line da parte del 30enne, tra cui un accertamento sul web per capire “l’effetto del veleno per topi sugli uomini”. Lui si è già difeso dicendo che aveva trovato alcuni roditori al lavoro. Importante sarà anche ricostruire quando il giovane ha acquistato la benzina per il secondo tentativo di bruciare il corpo. Gli inquirenti stanno anche confrontando i diversi ruoli avuti da amici, vicini e parenti. In particolare, c’è il ruolo della madre dell’assassino, che domenica 28 maggio, alle 17.30, è andata nell’appartamento di via Novella a pulire casa e non si è accorta né del sangue e neppure delle tracce di cenere lasciate dal maldestro tentativo di bruciare la donna. Ma poteva anche non averci fatto caso, vista la già concitata ricerca della compagna scomparsa. Poi c’è il fratello, con cui Alessandro ha da sempre uno stretto rapporto quanto con la madre. A lui avrebbe affidato il Suv con il quale ha prima girovagato con il cadavere di Giulia nel baule.

Nel corso dell’autopsia è emerso che le ustioni estese sul corpo della 29enne, assieme alle almeno 37 coltellate inferte, hanno reso impossibile per i medici legali datare con certezza la morte. Un tentativo di depistaggio da parte di Impagnatiello, una maldestra manovra per rallentare il riconoscimento oppure voleva eliminarla del tutto facendo credere che se n’era andata spontaneamente? Per avere risposte certe, occorrerà attendere l’esito degli esami tossicologici, così come sulle risposte che si attendono per stabilire l’esatta età del feto e se c’era un travaglio al momento del delitto. In questo caso il capo di accusa per Impagnatiello muterebbe in duplice omicidio.

 


 

DISSANGUATA
Intanto, dall’analisi sul corpo, appare molto probabile che Giulia sia morta dissanguata «in pochi minuti». Una deduzione che arriva da quel profondo taglio al collo che le ha reciso carotide, giugulare e trachea. Uno squarcio inferto sorprendendo la giovane probabilmente alle spalle. Poi altri colpi in rapida successione, alla cieca, concentrati nella parte superiore del corpo. Da qui la crudeltà, aggravante prima negata dal gip e che ora, alla luce degli esiti dell’autopsia, viene riconsiderata. È comunque abbastanza prevedibile che, alla luce di quanto fin qui emerso, il nuovo legale del reo confesso Giulia Gerardini, che non rilascia dichiarazioni, chiederà una perizia psichiatrica per il suo assistito. In questo caso, sarà il gip a decidere sulla eventuale richiesta di rito immediato. Intanto oggi a Sant’Antimo, nel Napoletano, Comune nativo di Giulia, si terranno i funerali in forma privata. Uno strazio senza fine.

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