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Berlusconi caccia dopo 40 anni i pastori sardi abusivi. Decisivo Galliani

Salvatore Dama
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Silvio Berlusconi ha un problema con la pecora. Aveva. Perché gliel’ha risolto Adriano Galliani. Che storia è questa? Una vicenda sarda. E neanche nuova, perché già si sapeva del rapporto conflittuale tra l’ex premier e i pastori della Gallura. Quelli che gli occupavano le terre, impedendo di realizzare un sogno vecchio di quarant’anni: il più grande villaggio turistico della Sardegna. Alle porte di Olbia. Cominciamo col dire che c’è stato un Murgia che ha scaldato i cuori della sinistra prima di Michela. Trattasi di Paolo. Pastore sardo che ha provato a usucapire, con le sue cento pecore, le terre di Berlusconi. Murgia ha avanzato pretese sui terreni di Costa Turchese, proprio dove, nel progetto originario del Cav, sarebbero dovuti sorgere un porto turistico con duemila posti barca, alberghi e ville, in un’area di 500 ettari fra Cugnana, Capo Ceraso e Murta Maria. Originariamente (anni Ottanta), scrive il direttore Franco Bechis su Open, la società che faceva capo al costruttore brianzolo «concesse al Murgia a titolo gratuito il diritto di pascolo su una parte dei terreni in località Murta Maria», confidando di porre fine «alle pretese e alle azioni prevaricatrici del soggetto». Tale e quale. Murgia ha resistito a proposte di mediazione e tentativi di recintare i terreni: «Le mie pecore sanno saltare...». Solo alla fine dei suoi giorni, nel 2010, il pastore ha mollato il colpo per garantire un’eredità ai figli. La causa civile è stata chiusa con un indennizzo tra i 700 e i 900mila euro. 

 

Tutto è bene quel che... ah no. Perché Murgia ha fatto scuola. Alla sua dipartita, ha lasciato un gregge di pastori pronti a seguire il suo esempio. Cioè, provare a mungere il milionario di Arcore. Però dopo quasi quarant’anni si è chiuso anche l’ultimo contenzioso. Pure l’ultima causa ovina è passata in giudicato e all’ennesimo pastore “usurpatore” è stato intimato di lasciare i terreni con le sue pecore. Nel frattempo la società del Cavaliere ha cambiato nome. Non è più Edilizia Alta Italia, a cui era legato il faraonico progetto iniziale di cementificazione, ma Costa Turchese spa. Che, più modestamente, vuole limitarsi a realizzare due hotel di lusso. Settantamila metri cubi (a Li Cuncheddi, lato Bunte, e a Capo ceraso, parte bassa) in luogo dei 140 mila metri cubi dell’idea originaria. Alberghi in zona F turistica, consentiti dalla legge e distanti 4 chilometri l’uno dall’altro. Il progetto è stato inserito nel piano urbanistico comunale di Olbia, con l’ok della giunta guidata da Settimo Nizzi, storico sindaco forzista amico di Silvio. Ma qui è sorto un altro problema. Perché se nel 2020 il consiglio comunale olbiese ha dato il suo via libera, l’anno dopo (2021) il piano casa varato dalla giunta regionale di Christian Solinas è stato impugnato per incostituzionalità dal governo di Mario Draghi. E la Corte Costituzionale ha poi dato ragione all’esecutivo. Insomma, una trafila burocratica infinita. Ma notoriamente per soggiogare le pecore ci vogliono i lupi. Allora Berlusconi ha inviato in Sardegna il suo Mister Wolf: Adriano Galliani. L’amministratore delegato del Monza si è fatto rispettare. Ha riportato i pastori all’ovile. La società ha rinforzato i confini della proprietà con altre recinzioni. Il progetto è stato rivisto nella versione minimal con le due strutture ricettive limitate a 933 posti letto. Vale ancora l’ok del Comune di Olbia, si attende il via libera della Regione Sardegna. Però, in attesa di posare la prima pietra, come scrive sempre Bechis, la Costa Turchese spa ha investito solo in spese legali e consulenze tecniche e ha chiuso il bilancio 2022 con «una perdita di 613 mila euro». Il tutto per una pecora. 

 

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