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Vittorio Feltri: pochi soldi e molte grane, come hanno distrutto il lavoro dei medici

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Vittorio Feltri
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Da parecchio tempo ormai le cronache si occupano di medici e raccontano le difficoltà estreme che caratterizzano la loro professione. Non parlo soltanto delle aggressioni che subiscono specialmente nei Pronto soccorso, dove succedono cose turche da parte di pazienti che definire maleducati significa fare loro un complimento. Il trattamento riservato ai sanitari dal punto di vista economico è addirittura vergognoso, essi hanno stipendi indegni della loro categoria basilare per l’intera popolazione. Ci sono soggetti, specialmente giovani, che ricevono poco più di duemila euro al mese per un lavoro difficile e impegnativo al massimo grado. Se poi a un camice bianco accade di commettere un errore, povero lui: viene denunciato e se trova un tribunale del tipo che conosciamo, rischia di essere condannato a una pena pecuniaria spaventosa.

 

 

 

Si dirà che un professionista può sempre accendere una assicurazione per proteggersi, e una volta era così. Oggi una compagnia per una polizza pretende un premio talmente alto da scoraggiare anche i primari a servirsene cosicché un sanitario di medio calibro preferisce subire il rischio personalmente. Tra l’altro è noto che la categoria di cui discettiamo attraversa un periodo di crisi anche numerica, nel senso che i laureati in questa complicata disciplina sono sempre di meno per vari motivi, non solo economici. Gli organici degli ospedali languono, mancano pure vari medici di base.

Il problema nasce da diversi fattori. Anzitutto le università specifiche sono a numero chiuso, gli aspiranti a entrare in facoltà devono passare un esame che non è solo complicato, ma è arduo da superare poiché i test non c’entrano niente con i corsi da seguire, ma spaziano in tutto lo scibile umano. Il che scoraggia parecchi giovani ad affrontarli. Poi occorre tenere conto che a medicina si studia davvero, non come a scienze politiche, e ciò comporta una fatica estenuante. Dopo di che conseguita la laurea in questo campo, per lavorare, bisogna ottenere una specializzazione. Altri anni e altre prove non sostenibili da chiunque.

 

 

 

Insomma prima di indossare a pieno titolo il camice bianco trascorrono lustri. Se poi la paga è magra chiaro che un ragazzo o una ragazza evita di intraprendere la carriera in questo ramo. Non è tutto. Quando ero giovane capitava che nella mia famiglia qualcuno si ammalasse. Era inevitabile chiamare il dottore. Il quale quando arrivava in casa era accolto come un principe: catino colmo d’acqua per il lavaggio delle mani, salviette fresche di bucato, regolamentare caffè. Nessuno godeva del prestigio di un pediatra, neanche il prete che per noi era l’ambasciatore di Dio. Oggi purtroppo la visita privata del medico è equiparata a quella dell’idraulico. Poi ci stupiamo se leggiamo sui giornali che mancano figure professionali in grado di curare chi è malato. Anche in questo caso si tratta di una crisi della società, che non è più capace di applicare una scala di valori atta a premiare certi lavori.

 

 

 

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