Torino tra droga, occupazioni e violenza: la città è fuori controllo

di Paola Pellaidomenica 4 giugno 2023
Torino tra droga, occupazioni e violenza: la città è fuori controllo
4' di lettura

Sono sola, cammino lentamente e mi guardo intorno. Forse lo faccio troppo insistentemente e così anche se è solo tarda mattinata lungo la Dora mi ferma uno dei tanti nordafricani che stazionano sul muretto. «Vuoi la bamba?», mi chiede con insistenza, snocciolando tra le dita una piccola pallina bianca in un involucro di plastica trasparente. Sembra una caramella, ma naturalmente è cocaina. Sotto l’arcata del vicino ponte, altri ragazzi di colore stanno preparando merce da spacciare. Oggi è sabato e come tutti i sabati c’è più lavoro rispetto al resto della settimana. Non siamo lontani dal centro di Torino. La Mole Antonelliana s’individua nitidamente e basta una camminata di qualche centinaio di metri per raggiungere il mercato di Porta Palazzo. Incrocio Corso Giulio Cesare, proseguo lungo Dora Firenze fino a raggiungere via Bologna.

Da qui è facile prendere un autobus che in una decina di minuti ti porta in quella che già viene definita la periferia di Torino. Io ho preso l’8 in via Bologna, all’altezza del Museo Lavazza, al civico n. 32. Sono scesa 8 fermate dopo, con l’autobus che si era già snocciolato quasi 250 numeri civici e un cambio graduale di panorama. Casermoni sempre più grandi e trasandati, nessuno spazio verde, un caleidoscopio di etnie, tanto degrado, qualche supermercato, numerosi camper “abitati” e parcheggiati abusivamente nelle vie limitrofe. Così come abusiva era la spazzatura per strada: divani e letti consunti, sedie divelte, scheletri di televisori. In via Cravero su un furgoncino tre giovani rom stanno smistando indumenti consunti, qualcuno lo ricicleranno nei mercati improvvisati, altri li abbandoneranno per strada. Qui intorno ci sono alcune vie dove impera l’edilizia popolare gestita dall’Atc (Agenzia territoriale perla casa), ma subito ti chiedi perché un ente responsabile anche della manutenzione permetta un simile degrado.

AFFITTI

Certo, poi ti spiegano che una famiglia su tre non riesce più a pagare gli affitti e così opta per l’occupazione: ad oggi ufficialmente sono oltre 230 gli appartamenti mappati come occupati nella sola Torino. Il sospetto è che siano molti di più. Proprio in questa zona le cronache già 10 anni fa raccontavano quanto fosse facile l’intrusione abusiva: si rompevano le vecchie serrature, si sostituivano con altre nuove e se non arrivavano le forze dell’ordine, il problema casa era risolto. Mi addentro tra i casermoni di via Bologna n. 265 e 267, basta alzare lo sguardo sull’enorme quantità di panni stesi per avere la sensazione che in quegli appartamenti ci siano inquilini in soprannumero.

Molto in soprannumero. Entrano disinvoltamente nuclei di rom, tanti bambini al seguito. Nessuno parla italiano. In uno spiazzo verde c’è uno scivolo e una giostra talmente arrugginite che il tetano ti viene solo a guardarli. Sull’esterno i palazzi non hanno neppure più le recinzioni in ferro a proteggerli. Divelte, si entra semplicemente calpestando l’erba alta. Nessuno mi ferma. A dir la verità uno ci ha provato: era seduto sul marciapiedi con una bottiglia di birra Moretti in mano e altre tre vuote alle sue spalle. Mi spoglia con lo sguardo, blatera qualcosa d’incomprensibile ma è troppo brillo per alzarsi e farmi paura sul serio.

CORTILI

Entro in quei cortili ed è facile intuire che in assenza di chi fa rispettare le regole tutto è più semplice. Qui ha la meglio il più furbo, a volte anche il più violento. Mi raccontano che c'è una rete di “comunicatori”, avvisano quando un appartamento si è liberato perché l’inquilino è morto, si è trasferito o, capita anche questo, si è preso una vacanza. Giungono in un lampo, il cambio della serratura è un gioco da ragazzi. La pandemia e i morti da Covid hanno ingigantito la prassi dell’occupazione abusiva, rivendicata come diritto all’abitazione con scritte spray ovunque sui muri della città. Del resto ti chiedi perché dovrebbe riuscirci l’Atc a ripristinare la regolarità nell’assegnazione degli alloggi popolari quando a Torino, in corso Regina Margherita n. 47, c’è un centro sociale come l’Askatasuna occupato dal 15 ottobre 1996 e mai sgomberato nonostante svariate mozioni del centrodestra e dei sindacati di polizia.

L’edificio di 4 piani, di proprietà del Comune, prende il nome da «libertà» in lingua basca e gli appartenenti dicono di essere «la sinistra dura», forse per differenziarsi da quelli armocromatici di Elly Schlein. Questo centro sociale è il punto di riferimento dei movimenti autonomi e No Tav, è finito in una maxi indagine come associazione sovversiva, è frequentemente oggetto di perquisizione e sequestri da parte della Digos, ma è sempre lì, abusivamente al suo posto da 27 anni. Nessuna delle amministrazioni che a Torino si sono succedute dal 1996 ad oggi, tutte di centrosinistra, eccetto quella della grillina Appendino, ha mai denunciato l’occupazione. L’attuale giunta, capitanata dal sindaco Stefano Lo Russo, insiste nel dire che ci sono priorità maggiori. La verità è che, violenze a parte, c’è un danno erariale a carico della collettività. Se il Comune non riesce a riprendersi quello che è suo (ovvero nostro), vaglielo dire tu a un abusivo che le case non si occupano... Ti risponderà sorridendo: «Se la legge è uguale per tutti, passate prima dall’Askatasuna che ha più arretrati di noi».