Riflessioni

Studenti accoltellano le prof? Pensiamo davvero allo psicologo nelle scuole

Hoara Borselli

La violenta aggressione subita dalla professoressa cinquantenne dell’Istituto “Emilio Alessandrini” di Abbiategrasso da parte dello studente sedicenne che, armato di coltello da caccia, l’ha colpita al braccio e alla testa, minacciando poi i compagni con una pistola giocattolo, ha suscitato l’immediata reazione del ministro Valditara. Il capo del dicastero dell’Istruzione e del Merito, con un video pubblicato su Facebook, ha così commentato: «Voglio esprimere la nostra vicinanza a tutti gli insegnanti italiani e voglio che si colga l’occasione per riflettere sull’introduzione dello psicologo a scuola. È un momento particolarmente difficile: il disagio dei ragazzi, anche a seguito del Covid, è aumentato in modo significativo». Un disagio che non può più essere ignorato. Troppi gli episodi di violenza da parte dei ragazzi che si consumano fra le mura scolastiche. Ancora ricordiamo il caso di Rovigo, dove Maria Cristina Finatti, insegnante di Scienze presso l’Itis “Viola Marchesini”, fu impallinata con una pistola ad aria compressa dai suoi studenti. O il caso di Latina, dove un’insegnante venne colpita con uno zaino dai suoi studenti che filmarono la scena per poi pubblicarla sui social.


Le parole del ministro Valditara sull’eventualità di introdurre lo psicologo nelle scuole sono state raccolte dal presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi David Lazzari: «Siamo pronti ad entrare nelle scuole per assicurare una funzione essenziale di supporto al sistema scolastico, rendendo così strutturale la presenza dello psicologo a scuola dopo l’esperienza pilota fatta in emergenza durante la pandemia». La forza numerica c’è: «In Italia abbiamo 125mila professionisti iscritti all’Ordine, quindi disponiamo di un numero adeguato di psicologi che possono intervenire, e molti di questi hanno già maturato un’esperienza sul campo. Che il malessere dei ragazzi sia a livelli drammatici – osserva Lazzari – lo dimostrano decine di ricerche». 

 

Abbiamo dunque voluto sentire il parere dello psichiatra Paolo Crepet, da sempre particolarmente attento al mondo dei giovani. Gli abbiamo chiesto che cosa ne pensi dell’ipotesi paventata dal ministro Valditara di introdurre la figura dello psicologo nelle scuole, e se ritiene possa essere una soluzione utile ad arginare la deriva violenta dei ragazzi. «No, non sono assolutamente d’accordo - dice Crepet -. La soluzione per arginare la violenza dei ragazzi non può essere quella di moltiplicare per milioni il numero dei fragili mentali. Pensate che la soluzione sia riempire di psicofarmaci i ragazzi? La loro fragilità nasce dall’assenza di un modello educativo. Una generazione di ragazzi cui non viene data una sola responsabilità, che non conoscono la frustrazione, un “no”, una regola, dagli 0 ai 17 anni. Diciamo che non gli dobbiamo dare voti sennò gli viene l’ansia, li dobbiamo promuovere tutti sennò gli viene uno sturbo , l’esame orale non vi preoccupate che sarà una chiacchierata... Ma secondo voi questi ragazzi ne escono più forti o più deboli?». Crepet poi affronta la vicenda di Abbiategrasso: «Questo sedicenne ha fatto ciò che si fa nelle strade, nelle piazze, ciò che si sente ogni giorno. In realtà, lo sportello psicologi nelle scuole c’è da sempre, abbastanza strutturalmente. Ma ripeto, non è questa la soluzione. Il vero problema sta alla base del sistema formativo dei giovani e non si risolve con uno psicologo in più. Torniamo a responsabilizzare i nostri giovani, smettendola di continuare a dare la colpa alla pandemia se sono fragili. Il Covid e la didattica a distanza sono una pagina nera, che però è alle loro spalle: l’assenza di regole è la vera responsabile del loro malessere».