Alpini, riaperta la caccia alle Penne nere: ecco l'ultima vergogna
Occhio alla penna: questo siamo usi dire, noialtri alpini, quando la faccenda si fa grama. Sia che fischino le palle nemiche, sia che si avvicini un oste minaccioso, stare ben attenti a quell’accessorio meraviglioso che guarnisce i nostri cappelli ci è sempre parso sinonimo di accortezza e prudenza. Così, alla vigilia dell’adunata di Udine, ai miei commilitoni viene da suggerire proprio questo: occhio alla penna, paìs!
Eppure, un’adunata è un momento di gioia e null’altro: rivedi i vecchi najoni, canti a squarciagola le nostre cante, magari ti fai una bella bevuta e, poi, alla fine, sfili, orgoglioso, tra tanta gente festante, con il passo fiero dei tuoi vent’anni, anche se, magari, sono passati da un pezzo. Mi correggo: dovrebbe essere un momento di gioia. E, perlomeno per gli alpini lo è ancora, certamente. Da qualche tempo a questa parte, però, tra le mille e mille persone che applaudono i fanti pennuti, si nascondono nemici, subdoli e tutt’altro che sprovveduti: gente che odia, sistematicamente, tutto quello che sappia di forze armate, patriottismo o, semplicemente, tradizione.
STRATEGIA A TAPPE - Va da sé che costoro odino gli alpini, che sono una delle immagini migliori di questa Italia: combattenti valorosi, ma senza crudeltà, gente semplice e laboriosa. Non entrerò nei meandri delle psicopatologie antitaliane di certa sinistra: mi limito ad annotare che, da qualche adunata in qua, è in atto un’articolata strategia per screditare gli alpini e boicottarne le iniziative.
Dapprima, la manovra si è incentrata su di una generica polemica antimilitare e pacifista: quasi che i ragazzi andati a morire in Russia o in Grecia l’avessero reclamato a gran voce. Poi, però, la tecnica si è affinata e il fango ha cominciato ad arrivare dalle conventicole femministe, che di quella sinistra di cui sopra, sono le truppe corazzate.
Trento è stata la prima fase, Rimini la seconda, con le accuse, poi cadute nel nulla, di molestie sessuali da parte degli alpini in trasferta. E i vertici Ana, ultimamente non proprio combattivi e rocciosi, hanno accusato il colpo: tanto è vero che, invece di reagire con una veemente difesa dell’onorabilità del Corpo (vabbè, qualche complimento pesante ci può anche essere stato, ma nessuno ha stuprato nessuna, né, men che meno, l’ha ammazzata e se l’è mangiata), hanno stilato un decalogo per le adunate, in cui, accanto alle solite raccomandazioni circa il bere o la regolarità del cappello, compare una voce che suona, inequivocabilmente, come un’ammissione di colpa. Cari alpini, sappiate che non si devono molestare le donne.
Adesso che ci hanno tolto il dubbio, vedrete che nessuno molesterà le gentili e splendide Udinesi. Invece, senza questa raccomandazione paterna e apostolica, chissà quanti casi avremmo registrato: se non è un autogol questo, ditemi quale lo sia!
AUTOGOL SCRITTO - Insomma, l’Ana nazionale sembra aver creduto alle bubbole inventate da queste bassaridi romagnole l’anno scorso e, lo ricordo, clamorosamente smentite dalla magistratura. E, anziché denunciare chiaramente il fatto che sia in corso una massiccia campagna diffamatoria contro il Corpo degli alpini, ha prodotto un documento in cui, tra le righe, sembra di leggere: scusateci tanto, non lo faremo più.
Il problema è che non l’abbiamo fatto mai: e di questo, forse, dovrebbe tener conto il direttivo nazionale, prima di emanare decaloghi. Già la sospensione della leva ha reso molto difficile la vita agli alpini, tanto in armi che in congedo: ci sentiamo come una specie in via d’estinzione e i rincalzi, provenienti dall’arruolamento professionale, non paiono adatti all’uopo. Essere alpini è una questione quasi genetica: una fraternità che nasce sui monti, non nelle accademie. Quindi, è molto probabile che spariremo, travolti da questioni economiche e da pregiudizi antichi. Ma c’è modo e modo di sparire, per la miseria!
Lo si può fare con la vergogna di essere stati sorpresi a rubare la marmellata oppure con l’orgoglio di essere stati una forza militare formidabile, in guerra e in pace. E con quello di aver sempre compiuto il proprio dovere con onore.
QUESTIONE D’ONORE - Certo: l’onore. Ma parlare d’onore a chi mente per la gola, al solo scopo di indebolire gli alpini, è come parlare di bresaola a un marziano: parole al vento. Quindi, state pur certi che, a Udine, ci riproveranno, e che saremo sotto i riflettori più per l’eventualità di molestie che per l’eccezionalità di centinaia di migliaia di bravi cittadini riuniti insieme, che non urlano, non sporcano, non rubano. Sulle chat c’è già chi lancia l’allarme: le femministe stanno organizzando trappole e provocazioni. Mentre le militanti di “Non una di meno Trieste”, non soddisfatte per il decalogo anti-molestie, hanno lanciato una mobilitazione in rete per riscriverlo a modo loro. Il rischio è che questa storia vada avanti fino alle estreme conseguenze, ovvero fino alla soppressione del corpo degli alpini. Perciò, miei cari commilitoni, lasciate perdere i decaloghi e fidatevi della vostra esperienza e del buon senso che vi deriva dalla vostra storia. E, naturalmente, occhio alla penna!