Prostitute? Grandi muse: il segreto nascosto da questo quadro
Sembra di sentire la vecchia storia di Bocca di rosa, cacciata dal paese perché faceva paura, soprattutto alle donne. È proprio così, in effetti, cambiano i tempi eppure la figura della prostituta, mestiere vecchio come il mondo, continua a infastidire i benpensanti di ogni genere, anche se non è escluso ne facciano ricorso alla bisogna. E in questi tempi così bacchettoni e moralisti, dove l’arte viene presa costantemente di mira quando non sia stucchevole espressione di correttezza politica e anestesia sessuale, vien proprio a proposito l’urticante quanto documentato saggio La bellezza del peccato. Le prostitute muse dell’arte per NFC Edizioni di Rimini (pp 200, € 22,50).
Gli autori sono due critici, la giovane Federica Vennitti e l’esperto Valerio Dehò, che tracciano la storia della puttana nell’arte dalle prime civiltà conosciute all’epoca contemporanea, avvalendosi di un esauriente repertorio iconografico attraverso i secoli. Non so se sia il caso di parlare di disparità tra i sessi fin dalla preistoria, con la bilancia a pendere sempre dalla parte del maschio; stadi fatto che già nel Codice di Hammurabi (era Mesopotamica) si offre la possibilità di relazioni aperte e se la donna non si sposava poteva pur sempre diventare concubina o darsi alla prostituzione, che non risulta una strada così disonorevole. Nell’antico Egitto viene istituzionalizzato l’harem che poteva ospitare anche centinaia di ragazze, tra cui le mogli secondarie del faraone, che non erano intese come prostitute a differenza delle danzatrici, in una società piuttosto libera dove si poteva divorziare e godere della libertà sessuale.
ATENE E ROMA
Colpa della Grecia il cambio di mentalità? Forse si, perché in un mondo dove le donne sono dedite totalmente alla casa e ai figli, non hanno vita pubblica, la prostituzione si diffonde ed è curiosa l’etimologia del termine pornoi a indicare le merterici nelle classi più basse: come non pensare ai porno dell’era contemporanea? Tra Atene e Roma la richiesta di sesso a pagamento aumenta, guadagnarsi da vivere con il proprio corpo un mestiere come un altro senza camuffare il gesto con chissà quale significato, però intanto le prostitute nell’antica Roma dovevano distinguersi dalle donne perbene portando la tunica corta e talora ossigenandosi i capelli per apparire più appariscenti. La storia potrebbe continuare a lungo, ma ciò che diventa interessante è proprio il rapporto tra la donna che dà il suo corpo e lo sguardo dell’artista.
Quando si parla di musa, il pittore preferisce lavorare con ragazze capaci di mostrarsi senza timore alcuno: persino iconografie in apparenza castigate vibrano di sensualità, soprattutto se ci avviciniamo all’età moderna e in particolare dal ‘600, quando nelle collezioni reali campeggiavano i ritratti di amanti e favorite, ad esempio Eleanor Nell Gwyn, puttana del re Carlo II e attrice di teatro, ritratta da Simon Verlest a seno nudo. In Francia Boucher riporta in pittura il rosa Pompadour dall’incarnato della celebre marchesa che amava la porcellana e si offriva a Luigi XV mentre il marito era in viaggio. Tra ‘700 e ‘800 assistiamo al definitivo sdoganamento della musa-prostituta che anima le scene de La carriera di un libertino di Hogarth. Da considerare anche la moda dell’orientalismo e dell’importazione di donne meravigliose ed esotiche che lavoravano nei bordelli. Olympia è il caso più clamoroso, lo scandalo al Salone del 1865, con la posa della ragazza che riprende le stampe pornografiche circolanti all’epoca più alcuni particolari “scabrosi”, l’orchidea tra i capelli, il nastrino nero al collo, gli zoccoli calzati anche a letto.
COURBET
È lo stesso anno in cui Gustave Courbet dipinge L’origine du monde che resta ancora la visione più esplicita del sesso in pittura, anche se è incerta la proprietaria dell’organo sessuale, tra l’amante del pittore, una foto erotica o (ipotesi ultima) una concubina del collezionista Khalil Bay. Nel XIX secolo ballerine e attrici portavano avanti una doppia carriera, animando la vita dei locali parigini come documentato nelle illustrazioni di Toulose-Lautrec. Sulle Demoiselles picassiane le narrazioni sono tante e ora c’è persino chi le ha prese di mira per accusare il grande pittore di misoginia e crudeltà. Però chi ha vissuto quei tempi, nonostante le guerre e le dittature, attraversava una condizione sessuale assai più libera e meno ipocrita della nostra; lo testimonia la figura chiave di Kiki de Montparnasse, che comincia a posare nuda a 12 anni, ha un rapido feeling con il sesso, è una donna libera, le capitano avventure di ogni genere a Montparnasse dove mostra il seno per dieci soldi o per una cena, sfidando le ingiurie e le malignità, fino a diventare modella di Man Ray e musa delle avanguardie. Che modernità priva di ipocrisia.