Roma, gli autisti dei bus obbligati al "corso rieducativo anti-razzismo"
Ieri i dipendenti dell’Atac, l’azienda del trasporto pubblico romano, hanno partecipato alla prima giornata del previsto corso contro «ogni forma di discriminazione». Come mai si è reso necessario un corso di tal fatta, che mira a contrastare «razzismo, sessismo, abilismo e omolesbobitransfobia»? Bisogna risalire a più di un mese fa, al famigerato «Attenti agli zingari!» annunciato da un microfono della Metro A. Ci un discreto scandalo, l’azienda intervenne dichiarando di aver subito «individuato il responsabile dell’annuncio offensivo e discriminatorio, iniziativa personale che l’azienda giudica inaccettabile. Il responsabile sarà sottoposto a provvedimento disciplinare».
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MEZZI DISCUTIBILI
Ora, lasciamo perdere che l’azienda si è sentita in dovere di rispondere perché a fare la segnalazione è stata un’importante giornalista, e non un passeggero qualunque. Lasciamo perdere che, scorrendo i social, si possono trovare ogni sorta di testimonianze circa comportamenti non propriamente cavallereschi da parte di alcuni dipendenti Atac, a danno nient’affatto di categorie “diverse” o “non incluse”, ma inclusissime: anzi, chiunque viva a Roma sa che il maleducato Atac (e non vogliamo dire che siano la maggioranza; perlopiù i lavoratori Atac sono martiri, viste le condizioni dellaviabilità e lo stress del loro lavoro) colpisce alla cieca, bianchi, neri, gialli, verdi con l’alito rosso, non gliene importa niente. Ma torniamo all’iniziativa del «percorso formativo» di Atac, teso «a favorire un ambiente inclusivo, accogliente, non giudicante».
Se dovesse riuscire, questo corso, a rendere non giudicanti i dipendenti Atac, a farli essere sempre cortesi come fossero stati educati a Eton, e pazienti come monaci buddisti, allora chiunque non credesse nei miracoli dovrebbe convertirsi. Sull’obiettivo, infatti, siamo tutti d’accordo: razzismo, sessismo, abilismo (la discriminazione contro i disabili), omofobia e altre condotte che violino la regola fondamentale per la quale ogni essere umano è uguale a ogni altro, dal punto di vista della dignità e del rispetto che gli si deve, vanno debellate e sanzionate. Sui mezzi per conseguire l’obiettivo, è però lecito nutrire qualche riserva. Questa strategia educativo-pedagogica, questa mania dei corsi di formazione, di rinfrescamento etico, di purificazione morale, ci è sempre sembrata abbastanza fiacca perfino nei casi in cui si rivolga ai bambini o agli adolescenti, i quali spesso, finito il corso, non conservano tracce significative di santità. Anzi, se hanno anche solo vagamente in antipatia, per qualche ragione, gli educatori, si può star certi che il risultato sarà l’opposto di quello sperato.
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Il nostro scetticismo aumenta quando immaginiamo il personale di Atac - gente adulta, con un carattere e una formazione personale consolidati- convocato per questi corsi dove si sente dire, implicitamente: «C’è il rischio che vi scappi una frase razzista, o xenofoba, o omofoba. Infatti, ad alcuni vostri colleghi è scappata. Impariamo che tali espressioni sono inaccettabili, odiose, e che non vanno mai tollerate». Sospetto che quasi tuttoil personale Atac, questo, lo sappia già. E credo che qualcuno degli impiegati Atac potrebbe anche offendersi, e dire: «Scusate, ma io, con quello che ha annunciato “Attenti agli zingari”, che c’entro? Perché ci mettete tutti nel mucchio, perché supponete che siamo tutti, sotto sotto, razzisti? Va bene, ci vengo al corso, ma non sonoun cattivo elemento da rieducare e, scusate tanto se qualche volta mi capiterà di essere giudicante; non vedo cosa ci sia di male, purché tenga quel giudizio per me».
RISULTATI NULLI
Insomma, seriamente qualcuno crede che, grazie al corso di inclusività, in futuro cesseranno (o si ridurranno in maniera significativa) eventuali comportamenti violenti o intolleranti da parte del personale Atac? Un’iniziativa del genere non può che raccogliere il plauso dei politici, delle associazioni che sensibilizzano su questi temi, ma finito il coro di consensi, cosa resterà? Chiunque abbia avuto a che fare con le mille articolazioni di una città: trasporti, sanità, uffici vari, sa che i tangheri si annidano ovunque. E il più delle volte, non sono nemmeno perfidi razzisti e omofobi, ma solo dei poveracci, persone che si sentono meno di niente, prive di gratificazioni importanti, anzi, spesso bastonate.